Omicidio Saman, i giudici: “Non fu uccisa per il matrimonio forzato”

Omicidio Saman, i giudici: "Non fu uccisa per il matrimonio forzato"

Saman Abbasnon è stata uccisa per essersi opposta a un matrimonio forzato/combinato“. Lo scrivono i giudici della Corte d’Assise di Bologna nelle motivazioni della sentenza con cui, lo scorso 19 dicembre, i genitori della ragazza, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen (ancora latitante), sono stati condannati in primo grado all’ergastolo. Per l’omicidio è stato condannato a 14 anni di reclusione anche lo zio della giovane, Danish Hasnain. Mentre gli altri due imputati, i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, sono stati assolti.

“Non fu uccisa per il matrimonio forzato”

Nelle oltre 600 pagine di motivazioni, visionate in esclusiva dall’AGI, i giudici spiegano che il movente del delitto non è riconducibile alla circostanza del matrimonio forzato (la 18enne si era opposta alle nozze combinate con un cugino più grande in Pakistan) bensì alla relazione con il fidanzato Saqib. “Che non sia stato il rifiuto al matrimonio il motivo che ha segnato la sua sorte, lo si ricava dai termini in cui l’istruttoria dibattimentale ha consentito di ricostruire l’omicidio, ancorandolo – scrivono i giudici –all’epilogo ultimo della vicenda, consumatosi la sera del 30 aprile, quando i genitori, a causa anche delle videoregistrazioni delle chat effettuate da Haider, scopriranno che è ancora in corso la relazione con Saqib e che la figlia sta progettando di fuggire nuovamente, scoperta che poi condurrà alla discussione finale con Saman“.

“Ammazzata per la relazione con Saqib e l’idea di fuga”

Alcuni giorni prima del delitto, Saman era ritornata a Novellara per recuperare i documenti personali che le servivano per sposare il fidanzato Saqib e rifarsi una vita altrove. Secondo i giudici sarebbe stata proprio l’ipotesi di una “nuova fuga della ragazza” ad allarmare i genitori, fino ad arrivare alla “sciagurata ed estrema soluzione” di porre fine all’esistenza della giovane. “Dopo che i genitori hanno scoperto la relazione in atto con Saqib e, soprattutto, il progetto di Saman di andar via, – è la ricostruzione della Corte – si sono prima confrontati tra loro sulla soluzione da adottare di fronte a una nuova fuga.” Visto che la partenza imminente della coppia per il Pakistan non consentiva di attendere oltre “hanno deciso di mettere la ragazza di fronte al fatto compiuto, concordando con Hasnain Danish che, nel caso in cui la stessa avesse ribadito, come di fatto poi avvenuto, di voler andare via di casa per tornare da Saqib, lo zio sarebbe dovuto intervenire, facendosi trovare sulla strada sterrata posta di fronte all’abitazione, sulla quale i due genitori accompagneranno di fatto la figlia pochi istanti dopo aver segnalato a Danish la loro uscita di casa, tramite lo squillo delle 23:57“.

“Indizi a carico del fratello”

In un ampio passaggio del motivazioni i giudici scrivono che ci sono “plurimi elementi indiziati” a carico di Ali Haider, il fratello di Saman, nella successione degli eventi che ha portato all’omicidio. “Come ampiamente argomentato nell’ordinanza del 27 ottobre 2023 e in numerosissimi passaggi delle presenti motivazioni, – scrivono i giudici – la Corte ritiene che plurimi siano gli elementi indizianti il suo coinvolgimento e le sue dirette responsabilità negli eventi che hanno condotto all’uccisione della sorella“. La Procura dei Minorenni di Bologna aveva deciso di non iscrivere il giovane, all’epoca dei fatti 16enne, nel registro degli indagati.

Sta di fatto che, secondo la Corte, le dichiarazioni rese dal ragazzo “hanno visto l’avvicendarsi di contraddizioni e progressive rivelazioni” e disvelano “l’interna tensione tra la difesa dei due genitori, da lui amati, e la voglia di riscattare le proprie colpe nei confronti della sorella, consistenti nell’aver alimentato l’ultima e decisiva lite tra i tre“.

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