– Gianfranco Fini è stato condannato a due anni e otto mesi di carcere per la nota storiella della casa di Montecarlo. Inutile entrare nel merito della vicenda giudiziaria perché, che il reato vi fosse o meno, quel che conta politicamente è il fatto che un immobile di proprietà del partito sia finito in un modo o nell’altro nelle mani del cognato. La figura barbina l’ha fatta. La condanna conta poco. Non è quello il problema di Fini. Semmai il suo più grande peccato è stato l’aver avuto in mano una grande comunità politica e riuscire a distruggerla nel giro di un amen.
– Vittorio Sgarbi si candida. Sarà l’anti-Vannacci di Fdi, avendo il critico d’arte un pacchetto di voti da far invidia pure al generale. Molti già sussurrano che l’inserimento in lista altro non sia che un modo per ripagare l’ex sottosegretario per le dimissioni a cui è stato costretto lo scorso febbraio. Anche fosse, dove sarebbe il problema? Da che mondo è mondo, la politica è fatta anche di questo. E ppoi scusate: scandalizza Sgarbi candidato da un partito e nulla avete eccepito per Luigi Di Maio, spedito nel Golfo Persico dopo l’inutile manovra politica per salvare Mario Draghi?
– Leggo che la Brigata Giannini, quella Bella Chat di cui tanto si parola in questi giorni, ha fatto il salto di qualità ed è passata da Whatsapp a Facebook. Non più “migliaia e migliaia” di numeri della rubrica del direttorissimo (in realtà, i gruppi non possono superare le mille unità), ma una pagina Fb aperta a tutti. Al popolo. Se abbiamo intercettato il link giusto (Massimo: la prossima volta chiedi consiglio a qualche grafico Gedi per la foto profilo), in un giorno i nostri hanno raccolto circa 400 mi piace, in larga parte colleghi e curiosi. Per un nuovo 25 aprile in vista delle Europee e della riforma costituzionale, ci sembra un po’ pochino. Ma è sempre possibile che i numeri crescano qualora un giorno il regime Meloniano dovesse cadere e la Brigata Giannini, questo è sicuro, decida di intestersene il merito. Vedrai, Massimo, quanti seguaci allora spunteranno fuori. In fondo anche tanti “partigiani” hanno fatto così.
– E torniamo al 25 aprile, visto che in questi due giorni tanti altri temi di discussione interessanti non ce ne sono. Guardiamo alla storia. Palmiro Togliatti decretò una amnistia massiva per superare il clima da guerra civile. Enrico Berlinguer e Giorgio Almirante si sentivano in segreto per combattere il terrorismo rosso e nero, segno di un reciproco riconoscimento. E oggi? Oggi siamo tornati indietro di 70 anni. Mentre Berlinguer e Togliatti erano riusciti ad andare oltre la contrapposizione con l’avversario, a riconoscerne l’agibilità politica quale che fosse la loro radice culturale e ideale, la sinistra non riesce a fare lo stesso con Giorgia Meloni e la sua fiamma nel simbolo. Finendo col
– Ci sono due fotografie che dovete assolutamente osservare bene. Nella prima si vedono boschi di braccia tese, pericolosi camerati neofascisti che gridano “Presente” per la commemorazione di Sergio Ramelli. E poi c’è l’altra dove sono rappresentati pacifici dimostranti antifascisti che, in occasione di un evento reazionario – ovvero una banale conferenza alla presenza di alcuni ministri – aggrediscono gli agenti di polizia. Perché guardare queste due immagini? Perché da giorni gli intellettuali di ogni ordine e grado ragionano sulla pericolosa onda nera che infesta l’Italia. Paventano il ritorno di Mussolini o dei suoi eredi. E si indignano di fronte a quel gruppo di nostalgici che inscena una fiaccolata, si raduna di fronte a un muro, urla “presente” e fa il saluto romano. Paolo Berizzi, uno che di neofascismi se ne intende e non manca mai di stracciarsi le vesti, parla di “cartolina nera” favorita dall’”esempio vergognoso che arriva dall’alto”. Tutto legittimo. Ma, pur non volendo affatto esaltare o giustificare quella marcia nera, bensì solo osservare la realtà, ci domandiamo: se invece di giudicare a priori l’ideologia di chi manifesta valutassimo i fatti, siamo sicuri che il pericolo – oggi – derivi dalle braccia tese di Milano? L’altra sera, per Ramelli, tanti bomber neri e zero feriti.
Durante i cortei pro-Palestina, anarchici o antagonisti, invece, sovente ci scappano il tafferuglio, la censura (chiedere a Molinari), il poliziotto in ospedale. Siamo sicuri, caro Berizzi, che -valutando i dati- quelle teste rasate siano davvero più pericolose dei “bravi ragazzi” che carichi di odio e bastoni infestano i cortei pro-Pal?