Diecimila libri sul fascio possono bastare…

Un primo piano di Benito Mussolini

Tra il 1994 e il 2024, in Italia sono stati pubblicati 4769 libri con la parola «fascismo» nel titolo, 2318 con «Mussolini», 3530 con «fascista».

A questi si aggiungono i circa 1500 con «antifascismo» e «antifascisti» oltre ai 1229 con «Resistenza italiana». I dati si ricavano con facilità dal prezioso Opac del Servizio bancario nazionale, cioè dall’archivio dell’intero patrimonio librario italiano accompagnato dalle indicazioni per trovare ogni singolo volume. Tra il 1964 e il 1993, le cifre sono nettamente inferiori. Segno che il mercato, per romanzi e saggi sul Ventennio, è in crescita, e del resto ci sono editori, sia di destra sia di sinistra, che campano solo o quasi con la letteratura sul Regime. Evidentemente, mettere la parola «fascismo» in copertina assicura una certa attenzione da parte del pubblico. Naturalmente, la nostra rilevazione è indicativa: sono fuori dal radar i libri, e sono tantissimi, che trattano del fascismo pur non avendo la parola stessa nel titolo. È il caso di molti romanzi, ad esempio la vendutissima serie di Carlo Lucarelli sull’impero coloniale voluto dal Duce. Fuori dal radar anche la vendutissima trilogia di Antonio Scurati, che in copertina spara solo la gigantesca M di Mussolini.

Inutile chiedersi quanti di questi libri siano necessari e portino un contributo rilevante al dibattito sul Regime che ossessiona gli italiani, una parte dei quali è convinta che ormai ci siamo, le camicie nere sono vicine al ritorno, la libertà è agli sgoccioli, la censura domina in ogni settore, d’ora in avanti manganello e olio di ricino per tutti.

Questa visione, in fondo, esprime uno spaesamento totale della sinistra italiana. Prima di chiedere, in continuazione, a Giorgia Meloni di dichiararsi antifascista, i progressisti farebbero bene a interrogarsi, una volta per tutte, su cosa sia stato l’antifascismo in Italia. Alcuni antifascisti non erano democratici e neppure patrioti. Lottavano per la rivoluzione comunista e obbedivano agli ordini provenienti da Mosca. Non basta dichiararsi antifascisti per appartenere alla famiglia democratica e liberale. Bisogna essere anche anticomunisti. È una verità ovvia in tutto il mondo tranne in Italia dove il comunismo ha avuto in mano la cultura per decenni e ha potuto mistificare la storia del Novecento.

Tutto sommato c’è anche di peggio.

La grottesca e infinita polemica sul fascismo di ritorno nasconde anche una sostanziale arretratezza del nostro Paese, ancora avvinghiato al XX secolo. Nel resto del pianeta, i problemi sul tavolo sono ben altri. Siamo nel pieno di un mutamento d’epoca che riguarda gli equilibri internazionali geopolitici: chi guiderà il cambiamento e in quale direzione? Come la mettiamo con l’Intelligenza artificiale, che pone quesiti inediti e possibilità ancora da capire? Come affrontare la trasformazione radicale del lavoro e, forse, dell’idea stessa di lavoro? Che atteggiamento tenere davanti alla concreta possibilità di manipolare il nostro patrimonio genetico e la biologia umana? Queste domande entrano a stento nel dibattito pubblico. E potremmo continuare. Altro che multinazionali. Oggi siamo di fronte a colossi dallo statuto estremamente incerto.

Facebook è un social network o una nazione indipendente, ammesso che abbia senso utilizzare un termine così connotato storicamente come «nazione»? Quali servizi offrono realmente aziende come Amazon o Tesla, che pensano di portare l’umanità su un altro pianeta? Cosa significa il fatto che l’affare del presente e del futuro, nella Silicon Valley, sia diventato l’immortalità?

Invece di confrontarci su questi temi, siamo ancora alle scaramucce ormai ridicole tra fascisti (immaginari) e antifascisti (immaginari).

Chi davvero incide sul futuro, è ben lieto di non attirare l’attenzione e di operare indisturbato mentre noi offriamo la parodia di un secolo tragico ma fortunatamente finito.

Leave a comment

Your email address will not be published.