Chissà come ci si deve sentire a passare dal non essere riconosciuto nemmeno dal proprio fruttivendolo all’essere costantemente invitati in tv, nei giornali e nei festival a portare la propria testimonianza di censura, venendo usati dall’attuale opposizione come piede di porco contro il governo Meloni. Bisognerebbe in tal senso chiedere ad Antonio Scurati, che in una settimana ha visitato più salotti tv e rilasciato più interviste di quante non ne abbia fatte in tutta la sua vita. Il tutto, per qualcosa che non esiste, costruito da Serena Bortone, un’altra persona che da questo caso non ha che guadagnato.
E non lo dice la Rai, lo dice Marco Travaglio, che con la supposta Tele-Meloni non ha certo un gran feeling. E quando Travaglio arriva perfino a fare un passo indietro rispetto a quanto urlato fino a pochi giorni prima, bhe… Evidentemente la questione è realmente incontrovertibile. “Mi ero basato sull’unica versione disponibile: quella di Serena Bortone, di cui non avevo motivo di dubitare“, spiega il direttore de Il Fatto Quotidiano. Ma, ed ecco il colpo di scena, “con tutte le carte in tavola, si può serenamente affermare che non è stata censura“. Chi glielo dice ai giornalisti, artisti e pseudo intellettuali che, come novelli carbonari, si sono rinchiusi in una chat Whatsapp per costruire il nuovo movimento del Risorgimento italico? Di cosa si stanno riempiendo la bocca gli scudieri di Scurati, molti dei quali provenienti dal Partito democratico, che stanno costruendo il nuovo martire?
Allarme spoiler: di nulla. Perché, come spiega lo stesso Travaglio, nessuno ha censurato nessuno. Ma dalla Rai c’è stata la proposta di una lettura a titolo gratuito del monologo, cassando il pagamento dell’emolumento da 1500 euro, giacché lo scrittore si trova in promozione per la serie tv tratta da un suo libro. Serie che, per altro, non è nemmeno prevista in onda su un canale Rai ma su Sky. Quindi, Scurati non è stato censurato ma davanti alla proposta di partecipare senza pagamento, si è auto-censurato. E quindi chissà che dietro non ci sia un’operazione volpina. D’altronde, dal 13 al 20 aprile, Bortone da questa vicenda ha guadagnato 300mila spettatori e 1.5 punti percentuali per il suo programma, oltre alla pubblicità inaspettata per il nuovo romanzo. Ma anche una copertina di Vanity Fair con tanto di “io sono antifascista” a caratteri cubitali.
E meno male, verrebbe da aggiungere. Sarebbe stato disdicevole il contrario. Una copertina che nemmeno nei sogni più rosei Bortone si sarebbe potuta immaginare, lei che, come dice anche la casa editrice Neri Pozza, che le ha pubblicato un libro, “nel 2007 ha guidato come responsabile comunicazione e ufficio stampa la campagna per le primarie del Partito Democratico“. E il can can di strepiti e urla dei novelli Don Chisciotte della Mancia è servito.
La campagna elettorale per le Europee, d’altronde, è entrata nel suo vivo.