In arrivo nuovi aumenti. La recente carbon tax dell’Unione Europea – ETS, Sistema di Scambio di Emissioni – sta per causare costi aggiuntivi al settore dei trasporti, includendo sia quello marittimo che quello su strada che si appoggia alle grandi navi. Le imprese del Belpaese si troveranno a dover pagare tra i 600 e i 700 milioni di euro solo per il 2024, una cifra destinata a raddoppiare entro il 2026. Questo aumento dei costi si diffonderà in tutta la catena di approvvigionamento, coinvolgendo sia gli utilizzatori finali che gli attori intermedi. Ecco cosa potrebbe accadere.
La carbon tax
È stato implementato il nuovo sistema europeo di tassazione ambientale, l’ETS il quale richiede ai trasportatori di merci e persone su navi, treni, camion, gomma e aerei di pagare una carbon tax sulle emissioni di CO2 prodotte, sia nelle acque che nei cieli dell’Ue. L’aliquota imponibile aumenterà dal 40% nel 2024 al 100% nel 2026. In l’Italia ci si attende un impatto significativo: l’età media delle navi è di 28,9 anni, dei camion oltre i 20 anni e degli autobus più di 10 anni. Inoltre, il Belpaese è uno dei territori con il maggior utilizzo del trasporto passeggeri, con quasi 14 milioni di croceristi sbarcati nei porti nel 2023.
Gli aumenti
Coloro che viaggeranno verso le isole durante l’estate con un traghetto vedranno un aumento dei costi tra il 12 e il 15%. Inoltre l’impatto si estenderà anche ad altri beni, come l’abbigliamento prodotto in Cina, i telefoni cellulari realizzati in Corea del Sud e una vasta gamma di oggetti, tra cui automobili, pasta e macchine di precisione, che vengono prodotti e assemblati in Italia utilizzando materie prime e componenti provenienti dall’estero. In questo contesto, il settore del trasporto merci potrebbe contribuire almeno con il 3 o il 4% dei 600 o 700 milioni da versare per la nuova tassa europea che graverà sul consumatore finale.
Gli altri fattori che incidono
Ci sono poi anche altri fattori che contribuiscono o hanno contributo a questi aumenti. Inizialmente, la pandemia ha ridotto la disponibilità di container, seguita dall’impennata dei prezzi dell’energia e dei componenti. Successivamente, la crisi nel Mar Rosso ha costretto gli armatori ad adottare rotte più lunghe. Negli ultimi tre anni, le tariffe di trasporto sono aumentate, diminuite e poi risalite rapidamente. Secondo l’UNCTAD, l’1,5% dell’inflazione è attribuibile all’aumento dei costi di trasporto.
Inoltre Banca d’Italia ha previsto un incremento del costo della vita fino allo 0,15% per l’Italia se le grandi navi non riprenderanno presto a transitare per il canale di Suez.