Con la campagna elettorale lanciata ormai verso le presidenziali di novembre e col confronto con Pechino tra i pochi temi bipartisan in grado di unire il Congresso, era inevitabile che la visita in Cina del segretario di Stato Antony Blinken si limitasse a fotografare lo status quo dei rapporti, che sembravano in ripresa, dopo il vertice tra Joe Biden e Xi Jinping dello scorso novembre a San Francisco. In realtà, gli spazi di collaborazione tra le due superpotenze si stanno restringendo e le differenze ampliando. L’annuncio di una futura collaborazione sul fronte dell’Intelligenza Artificiale non basta a coprire i contrasti in materia di commercio, sicurezza nazionale e confronto geopolitico.
«Ci impegniamo a mantenere e rafforzare le linee di comunicazione per portare avanti quell’agenda e affrontare nuovamente in modo responsabile le nostre differenze in modo da evitare eventuali errori di comunicazione, percezioni errate, errori di calcolo», ha detto Blinken in riferimento al summit di novembre. Ma, ha sottolineato il capo della diplomazia Usa, «anche se cerchiamo di approfondire la cooperazione, dove i nostri interessi sono allineati, gli Stati Uniti hanno ben chiare le sfide poste dalla Cina e quali siano le nostre visioni concorrenti per il futuro. L’America difenderà sempre i suoi interessi e valori principali». Tra gli interessi, ci sono appunto le sfide commerciali, con Biden che ha appena annunciato l’intenzione di triplicare i dazi sulle importazioni cinesi di acciaio e alluminio varati da Donald Trump. Oppure, l’allarme lanciato recentemente dalla segretaria al Tesoro Janet Yellen sull’iperproduzione cinese di pannelli solari e auto elettriche, che rischia di mandare fuori mercato le aziende Usa e occidentali. «La Cina è felice di vedere gli Stati Uniti fiduciosi, aperti, prosperi e fiorenti. Ci auguriamo che anche gli Stati Uniti possano guardare allo sviluppo della Cina in una luce positiva», aveva detto chiosato Xi Jinping nell’incontro con Blinken. E poi c’è la situazione internazionale, che per Xi è «fluida e turbolenta» e nella quale gli Stati Uniti dovrebbero «onorare le parole con le azioni, invece di dire una cosa e fare il contrario». Ancora più diretto il ministro degli Esteri Wang Yi, che con Blinken ha avuto un lungo incontro, per il quale le crepe nei rapporti tra Pechino e Washington sono «in aumento». Tra le crepe, dal punto di vista americano, gli aiuti di Pechino a Vladimir Putin. «La Russia farebbe fatica in Ucraina senza il sostegno cinese», ha detto Blinken in conferenza stampa dopo i suoi incontri. «Ho detto chiaramente che se la Cina non affronterà il problema, lo faremo noi», ha aggiunto. Il giorno prima, con tempismo perfetto, Putin aveva annunciato una sua prossima visita in Cina a maggio, sulla quale Pechino non ha finora fornito conferme. Alle preoccupazioni Usa per il sostegno cinese alla Russia, fanno da contraltare quelle di Pechino per gli aiuti di Washington a Taiwan, col Congresso che ha appena approvato 8 miliardi di dollari di aiuti per gli alleati dell’Indopacifico. «Esortiamo gli Stati Uniti a non interferire negli affari interni della Cina», le parole di Wang, che ha definito «ipocrita» l’accusa sulle forniture «doppio uso» ai russi. Da parte Usa, la rassicurazione che la politica dell’«unica Cina» non è cambiata. Nessun accenno alla questione di TikTok, che potrebbe essere messo al bando negli Usa, se l’app non si staccherà dalla sua proprietà cinese. «Non è emersa», ha riferito Blinken, che in un’intervista alla Cnn ha invece accusato la Cina di tentare di «influenzare e probabilmente interferire» nelle prossime elezioni presidenziali di novembre.
Non proprio una dichiarazione conciliante.