Ci erano bastati gli scontri sui quotidiani, le risse nei talk show e le polemiche social, che avevano preceduto la Festa della Liberazione, per predire, senza timore di essere smentiti, che anche quest’anno il 25 aprile sarebbe stato solo una gran cagnara. Poi, però, alla prova dei fatti si è rivelato di gran lunga peggiore di quello che ci eravamo immaginati. Tra finti martiri, odiatori di professione ed episodi di violenza insensata il 25 aprile è, infatti, andata in scena l’Italia più brutta.
Con un tempismo grottesco il macabro teatrino del 25 aprile si è consumato appena dopo che il premier Giorgia Meloni, a cui la sinistra rinfaccia in continuazione di non prendere le distanze contro il fascismo, aveva appena scritto sui social che “la fine del Ventennio aveva segnato l’inizio della democrazia” e soprattutto aveva auspicato per il nostro Paese un cammino unitario fondato “sul valore della libertà”. Un minuto dopo, mentre la piazza fischiava l’Inno di Mameli, eccoli gli Scurati calcare il palco di Milano per dire (come da copione) quanto è cattivo e quanto è fascista il governo Meloni. Con papà Salis che innalzava la figlia Ilaria a “simbolo dell’antifascismo”. Che, per carità, se con antifascismo intende i violenti che se ne vanno in giro a sprangare chi non la pensa come loro, probabilmente ha anche ragione. Basta guardare la prepotenza dei filo palestinesi che nelle piazze del 25 aprile hanno sostituito il Tricolore inondando il Duomo di bandiere bianche-nere-verdi. Hanno puntato la Brigata ebraica, a Roma come a Milano. Sono volati gli insulti e pure qualche spintone. A Bologna, invece, hanno incendiato i manifesti elettorali di Fratelli d’Italia. Il volto della Meloni tra le fiamme.
Peggio dei manifestanti in kefiah ha fatto soltanto un gruppetto di immigrati di seconda generazione, tutti di origine nordafricana. A Milano sono partiti all’attacco dei manifestanti ebrei con pugni e calci. Hanno usato di tutto per far male: bastoni, sedie e persino qualche coltellata. C’è stato un ferito. Oltre alle violenze in piazza, poi, non sono mancate quelle (verbali) sui social. E come avrebbero potuto mancare. Tomaso Montanari, in primis, a provocare su X: “Tornate nelle fogne”. E poi i soliti leoni da tastiera a minacciare di morte: “Meloni appesa”.
Il peggio dell’Italia, appunto.