L’ennesimo tonfo del M5s sul territorio passa sotto silenzio. Poche dichiarazioni, nessuna analisi della sconfitta alle regionali in Basilicata. Giuseppe Conte preferisce parlare del voto contrario dei Cinque Stelle in Europa al Patto di stabilità. I vertici pentastellati sperano che i media ignorino un altro crollo. I parlamentari al secondo mandato, dal canto loro, sfruttano l’occasione per rimettere sul tavolo il via libera al terzo mandato. Un nuovo giro di giostra nelle regioni o da sindaci. «Se candidiamo gli attivisti sconosciuti che fanno i banchetti dove vogliamo andare», sbuffa un deputato grillino al secondo mandato in un corridoio di Montecitorio. Chi riesce, evita le domande. Alcuni salutano e scappano via fingendo di telefonare. Complice il flop lucano, il Movimento ribolle sotto la cenere. «Abbiamo un problema di classe dirigente sul territorio, è vero che siamo contro gli acchiappavoti ma le preferenze servono», riflette un altro parlamentare. Anche lui al secondo mandato. Le batoste nelle regioni si intrecciano con il grande non detto che aleggia sul futuro del M5s. Ogni occasione è buona per riprovarci. A Via di Campo Marzio, quartier generale di Conte, se ne discute. Ma pesa la contrarietà di Beppe Grillo alle deroghe al tetto dei due mandati. Una via d’uscita potrebbe essere concedere una terza candidatura nella loro regione ai deputati e ai senatori con già due legislature alle spalle. «Così avremmo candidati più forti», ragionano i possibilisti. La riorganizzazione territoriale avviata da Conte non basta. I numeri parlano chiaro. Quelli della Basilicata sono fin troppo eloquenti. Il M5s si è fermato al 7,6%, eleggendo due consiglieri. Impietoso il confronto con il risultato del 2019. Con il M5s al 20% e 58mila voti. Domenica e lunedì, invece, i voti sono stati 20mila. Siderale anche la distanza con le ultime elezioni politiche. Il M5s era primo partito in Basilicata con il 25% e circa 60mila voti.
Dopo la Sardegna e l’Abruzzo, stavolta il crollo arriva al Sud. Il feudo dei pentastellati. E non regge più la scusante della tradizione negativa del M5s nelle competizioni territoriali. Anche perché i risultati stridono con le ambizioni di Conte, che fa e disfa il campo largo a suo piacimento e punta a tornare a Palazzo Chigi da premier. Il «partito del terzo mandato» si vuole infilare nel delta tra gli obiettivi del leader e la realtà dei flop nelle regioni. La svolta potrebbe partire dalla Campania, dove l’ex presidente della Camera Roberto Fico aspira a candidarsi come governatore nel 2025. Con l’appoggio del Pd e in spregio al principio dei due mandati. «Se fanno una deroga per lui dovrebbero farla anche per noi», argomentano nella pancia dei gruppi parlamentari. Non a caso è proprio Fico a resuscitare l’alleanza con i dem. «Il campo largo non è assolutamente morto», dice Fico su Rai Radio1, a Un Giorno da Pecora. Intanto il M5s completa la lista dei candidati delle Isole che hanno superato il secondo turno di votazioni online. Liste che saranno integrate con i nomi esterni del listino di Conte.
E l’ex premier continua a colpire il Pd senza nominarlo: «Si torna all’austerità e il M5s è l’unico a votare contro il Patto di stabilità in Europa, non mi capacito delle scelte delle altre forze politiche italiane».