Quando Antonio Tajani dice che Forza Italia è «una forza tranquilla» sicuramente il suo pensiero va anche a Vito Bardi. Il governatore rieletto in Basilicata con una percentuale quasi bulgara è l’archetipo del partito «serio e affidabile» di cui parla Tajani. Hanno detto di lui. Carlo Calenda: «È un moderato, un europeista, un uomo delle Istituzioni». Matteo Renzi: «È oggettivamente un buon candidato, una persona del centrodestra seria». E infatti sia l’uno che l’altro dei due litiganti del fu Terzo Polo hanno deciso di sostenere Bardi. Il «generale». Ma anche «l’alieno». Allergico alle telecamere e alle luci della ribalta. Estremista del pragmatismo. Eppure rivoluzionario, nei fatti. Uno di questi è la conquista, nel 2019, di una regione governata da sempre dal centrosinistra. Gestita grazie a un entente cordiale tra ex democristiani e post-comunisti. Poi Bardi, la forza tranquilla. Un marziano a Potenza. Tanto estraneo ai giochetti velenosi della politica lucana da essere additato come «forestiero». In effetti Bardi nasce nel capoluogo 72 anni fa, poi trascorre l’infanzia nel piccolo paese di Filiano, ma vive per molto tempo a Napoli. Si diploma nella città partenopea alla scuola militare Nunziatella, quindi entra nella Guardia di Finanza. L’amore di una vita, insieme alla moglie Gisella e ai due figli Andrea e Luca. Uno ufficiale, l’altro medico. Poi c’è il Napoli, una delle pochi divagazioni dagli impegni istituzionali. «Le uniche pause me le concedo quando il mio Napoli è in campo», ha raccontato.
Da presidente ha parlato poco ma ha fatto parlare di sé per il bonus-gas. Un considerevole sconto sulle bollette dei lucani. La prima vera compensazione per le attività estrattive in Basilicata. Per il centrosinistra uno specchietto per le allodole. «È l’unico che ha realizzato dei fatti concreti», rispondono dal centrodestra lucano. Intanto da febbraio scorso Bardi ha avviato anche il bonus acqua, il petrolio blu della Lucania.
Misurato perfino quando, intervistato da Il Giornale, dopo l’archiviazione per un procedimento per corruzione nel 2017, ha rinunciato ad affondare il colpo sul Pm castigamatti Henry John Woodcock, che lo aveva accusato anche nel 2011 nell’ambito della cosiddetta «P4». Pure in quel caso Bardi è stato archiviato. «Non spetta a me fare interpretazioni, sarà stata una coincidenza», ha risposto l’attuale governatore alla domanda sulla doppia indagine della procura di Napoli. Eppure Bardi, se non fosse stato per la seconda inchiesta, sarebbe potuto diventare comandante generale della Gdf. Due archiviazioni e quattro lauree, la politica che arriva dopo la pensione.
Una rivelazione, per la forza tranquilla che ha rivoluzionato la politica lucana.