Tajani: “Italia pronta a inviare le truppe se nascesse lo Stato plaestinese”

Tajani: "Italia pronta a inviare le truppe se nascesse lo Stato plaestinese"

L’Italia è al fianco di Israele, ma continuerà a lavorare per la pace. Sia sul fronte libanese. Sia per la Striscia di Gaza. Sia nel nuovo scontro tra Tel Aviv e Teheran, dopo la pioggia di missili e droni che l’Iran ha lanciato contro lo Stato Ebraico. A disegnare la rotta che terrà il Belpaese nel mare molto agitato del Medio Oriente è Antonio Tajani, reduce ieri sera da un’audizione davanti alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato e poi intervenuto negli studi di Quarta Repubblica. “Tutti sono molto preoccupati per quello che sta succedendo – ha detto il ministro degli Esteri – Ma come G7 stiamo lavorando per calmare le acque ed evitare allargamento del conflitto”. E una delle ipotesi in campo, confermata anche stamattina all’Ansa, è questa: per raffreddare il fronte caldo di Gaza, l’Italia sarebbe pronta a inviare “truppe qualora si volesse creare uno Stato palestinese con le forze di altri Paesi”.

Facile a dirsi, molto più complicato da realizzarsi. Partiamod al fronte iraniano. Israele ha fatto sapere di voler “rispondere” alla prova di forza di Teheran, nonostante Biden predichi calma e inviti Netanyahu a considerarsi vittorioso per aver abbattuto il 99% dei proiettili sganciati dagli Ayatollah. La posizione del G7 è chiara, spiega Tajani: i grandi del mondo sono al fianco degli ebrei (“Nessuno pensi di cancellarli dalla carta geografica”) e condannano la spropositata reazione iraniana, ma hanno anche “mandato un messaggio ad Israele” che dovrebbe “sentirsi soddisfatto per questa vittoria militare”. “Sappiamo bene che quando ci sono attacchi e contrattacchi, azioni e reazioni militari, si rischia sempre che la situazione possa esplodere, anche per errore”. Un’escalation, in fondo, “rischierebbe di far peggiorare ulteriormente la situazione” e sarebbe “dannosa pet tutti”: l’obiettivo è impedire che “l’unica vera democrazia” del Medio Oriente venga distrutta, ma anche che una situazione decisamente intricata vada a ingarbugliarsi ancora di più.

Bisogna pensare a Gaza, ovviamente, dove l’Italia come detto sarebbe disponibile a partecipare a un’eventuale missione di una forza di interposizione Onu per il dopo-Hamas. Ma anche a quanto accade nel Mar Rosso, con gli Houthi che mettono a repentaglio la libera circolazione delle merci verso il Canale di Suez. L’Italia “ha un dialogo forte con l’Anp, è il nostro interlocutore – ha detto stamattina Tajani – ho sentito anche il nuovo primo ministro Mustafa, che ho invitato in Italia a dimostrazione che noi vogliamo avere un rapporto con l’unica autorità legittima palestinese, per lavorare alla soluzione dei due popoli due stati: l’unica soluzione possibile per la stabilità dell’area”.

L’Italia potrebbe avere un ruolo per ricomporre la situazione? Forse. Intanto perché Giorgia Meloni guida al momento il G7 (da domani a Capri sono attesi i ministri degli Esteri). E poi perché da sempre il Belpaese è tra gli Stati più dialoganti con tutte le parti coinvolte. “Noi stiamo lavorando per la pace – assicura Tajani a Nicola Porro – Ferma la nostra posizione filo-atlantica, siamo in grado di dialogare con tutti. Faremo il possibile affinché si raggiunga il cessate il fuoco a Gaza e perché si fermino gli scontri militari” con l’Iran. “Avere una posizione chiara a difesa di Israele non significa non voler dialogare”.

Anche per questo l’Italia non intende ritirare le sue truppe che, nell’ambito della missione Unifil, fanno da forza di interposizione tra Israele e Hetzbollah, lì dove dal 7 ottobre vanno avanti ripetuti scambi di razzi e bombardamenti. “Il ministro iraniano – ha spiegato il vicepremier – ha assicurato che rispetteranno i nostri militari nell’area. Credo che una presenza italiana sia garanzia di pace”. Impossibile, invece, che Roma partecipi alle azioni militari aeree come fatto invece da Usa, Francia, Gran Bretagna e Giordania. Il motivo è tecnico-militare, non politico: le basi da cui sono decollati gli aerei francesi sono in Giordania, lo stesso dicasi per quelli inglesi; mentre gli americani hanno delle portaerei in zona.

L’Italia non dispone di dispiegamenti di questo tipo nell’area.

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