È stata una lunga notte quella appena trascorsa, in attesa della risposta di Israele all’attacco iraniano di sabato scorso. Una risposta della quale sappiamo già molto: dovrebbe trattarsi di un attacco su Teheran o di un raid informatico, come già annunciato ieri dal gabinetto di guerra. “Un messaggio” alla controparte, senza vittime. Il problema resta, tuttavia, dove e quando.
Israele alla ricerca del sostegno arabo e occidentale
Israele ha rassicurato i Paesi arabi della regione che la sua risposta all’attacco iraniano non li metterà in pericolo. È ciò che riporta l’emittente israeliana Kan nel programma This Morning with Aryeh Golan. Israele ha informato i Paesi alleati come la Giordania, Egitto e gli Stati del Golfo che la sua risposta, quando arriverà, sarà condotta in modo tale che l’Iran non possa coinvolgerli in una futura ritorsione.
Ora Israele è alla ricerca dell’appoggio di alleati e amici occidentali: “Questa mattina ho inviato lettere a 32 Paesi e ho parlato con decine di ministri degli Esteri e personalità di spicco di tutto il mondo, chiedendo che vengano imposte sanzioni al progetto missilistico iraniano e che il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche venga dichiarato organizzazione terroristica, come modo per frenare e indebolire l’Iran“. È quanto ha fatto sapere in un post su X il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz. Tra i ministri degli Esteri che Katz ha contattato risulta anche quello italiano Antonio Tajani.
Le parole di Herzi Halevi e le reazioni in Iran
A confermare le intenzioni del governo e del premier Benjamin Netanyahu, anche il Capo di Stato maggiore delle Idf Herzi Halevi “Questo lancio di così tanti missili, missili da crociera e droni contro il territorio israeliano riceverà una risposta“, ha detto il capo di stato maggiore delle forze di difesa israeliane, il tenente generale Herzi Halevi, parlando dalla base aerea di Nevatim nel sud di Israele, che è stata leggermente danneggiata dall’attacco.
Intanto, il Comitato per la Sicurezza Nazionale del Parlamento iraniano, Abolfazl Amouei, ha dichiarato che se Israele dovesse rispondere all’attacco, Teheran è “pronta a usare un’arma che non abbiamo mai usato“. Nella stessa dichiarazione, Amouei ha affermato che Israele dovrebbe considerare i suoi prossimi passi e “agire con saggezza”. Per via, dunque, dell’incertezza sulle modalità dell’attacci, l’Iran ha temporaneamente chiuso i suoi impianti nucleari per . Lo riferisce Rafael Grossi, a capo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) precisando che gli ispettori non riprenderanno il lavoro “finché non avremo visto che la situazione è completamente calma“.
Le reazioni negli Stati Uniti
Gli Stati Uniti ritengono che la risposta di Israele all’attacco sarà probabilmente limitata e potrebbe concentrarsi su obiettivi chiave al di fuori dell’Iran. Lo hanno riferito alla Nbc quattro funzionari statunitensi, secondo i quali la mancanza di gravi danni causati da Teheran potrebbe indurre Israele a cercare una risposta meno aggressiva. Invece di colpire direttamente l’Iran, Israele potrebbe colpire i rappresentanti dell’Iran, come le sue milizie in Siria o Hezbollah in Libano.
Il gabinetto di guerra israeliano si è riunito per la quarta volta negli ultimi due giorni ieri pomeriggio, quando Netanyahu, il suo ministro della Difesa, Yoav Gallant, e Benny Gantz, l’ex ministro della Difesa, hanno nuovamente discusso su come procedere tra escalation e deterrenza. “Rispettiamo che questa sia una decisione che spetta al gabinetto di guerra, al primo ministro“, ha detto lunedì alla Cnn il portavoce della sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby che ha aggiunto che il presidente Joe Biden “è stato anche molto chiaro sul fatto che Washington non vuole una guerra con l’Iran. Non cerchiamo di ampliare e ampliare questo conflitto. Non vogliamo vedere la situazione degenerare“.
Una serie di opzioni sono state discusse durante un incontro durato diverse ore, riferisce il canale israeliano N12 News, come atto dimostrativo nei confronti dell’Iran, senza tuttavia innescare una risposta ancora più violenta.