Il “FT”: non cedere la rete un danno per i soci Tim. Assist al piano Labriola dagli operatori della City

Il "FT": non cedere la rete un danno per i soci Tim. Assist al piano Labriola dagli operatori della City

«Distruggere l’accordo sulla rete fissa di Telecom Italia amplierebbe le perdite per gli azionisti», questo è il titolo di un articolo del Financial Times che difende l’intesa da 22 miliardi di euro raggiunta dai vertici di Tim per la cessione di Netco (la società della rete) al fondo americano Kkr. Il quotidiano finanziario londinese, del resto, non è il solo ad avere difeso l’operato del cda della telco guidata dal ceo Pietro Labriola (in foto): prima ancora erano arrivati i proxy advisor Iss e Glass Lewis che avevano raccomandato agli azionisti di votare all’assemblea del 23 aprile la lista del cda uscente.

Il piano dell’ad Pietro Labriola, continua il quotidiano, «taglierebbe i debiti di circa 14 miliardi e darebbe al gruppo» la possibilità «di partecipare al consolidamento del settore. Buone notizie per l’Italia, meno per la comunità degli hedge fund che rischierebbe di perdere una scommessa record di quasi 1 miliardo». Proprio quest’ultimi, fa notare l’Ft, faranno il tifo per le liste dei fondi Bluebell e Merlyn che, per accattivarsi il voto del primo socio Vivendi (23,7% delle quote) contrario alla vendita della rete a queste cifre, nei loro piani hanno previsto la revisione dell’accordo di cessione con Kkr o addirittura il blocco dell’affare (ammesso che sia possibile). Proprio ieri il fondo Merlyn ha aggiornato il suo piano con sei possibili scenari strategici, di cui due senza la cessione di Netco. Una delle ipotesi che non prevede la vendita della rete, per esempio, conta di vendere Tim Brasil nel quarto trimestre del 2024 e la divisione Consumer nel primo trimestre del 2025, il che farebbe scendere il debito da 20,3 a 8,2 miliardi nel 2025.

Il fondo – che propone Umberto Paolucci come presidente e Stefano Siragusa come amministratore delegato – ha attaccato il piano del board bollandolo come privo di «chiarezza e sostenibilità finanziaria, ma può anche portare a rischi sostanziali».



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