“Genitore 1” e “genitore 2” sulla carta d’identità: il governo impugna la sentenza

"Genitore 1" e "genitore 2" sulla carta d'identità: il governo impugna la sentenza

No a “genitore 1” e “genitore 2” sulla carta d’identità elettronica (CIE), necessario il ritorno di “padre” e “madre”: il governo non molla e impugna la sentenza. Alla luce di un’informativa svolta dal ministro Matteo Piantedosi, il Consiglio dei ministri ha deliberato di conferire mandato all’Avvocatura dello Stato ai fini del ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma del 24 gennaio 2024, relativa alle modalità di emissione e alle caratteristiche della carta d’identità elettronica (CIE), disciplinate dal decreto interministeriale 23 dicembre 2015 e successive modifiche.

La sentenza della Corte d’Appello di Roma aveva bocciato il decreto del 2019 firmato dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini che prevedeva il ritorno sulla carta d’identità dei minori della dicitura “padre” e “madre” anche nei casi di figli di coppie gay. Secondo i giudici, sulla carta d’identità di un minore non possono essere riportati dati diversi da quelli dei registri di anagrafe. Da qui l’utilizzo del più generico “genitori”. Ricordiamo che già nel novembre del 2022 il tribunale di Roma diede ragione alle due madri di una bambina che avevano chiesto di ottenere un documento che rispecchiasse la reale composizione della famiglia, senza definire “padre” una delle due donne. La sentenza di gennaio ha imposto il ritorno alla dicitura “genitori o chi ne fa le veci”, tutto pur di non tornare a “padre” e “madre”.

“Ognuno deve sempre essere libero di fare quello che vuole con la propria vita sentimentale, ma certificare l’idea che le parole mamma e papà vengano cancellate per legge è assurdo e riprovevole. Questo non è progresso”, aveva denunciato Salvini. Diametralmente opposte le reazioni della sinistra e delle associazioni Lgbt. L’associazione Famiglie Arcobaleno avevano rimarcato come i giudici di Appello, nella sentenza, abbiano “ribadito un concetto molto semplice: sulla carta d’identità di un bambino/bambina non possono essere indicati dati personali diversi da quelli che risultano nei registri dello stato civile”.

Ora un nuovo scontro in tribunale.

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