Non c’è solo l’insulto. Nello «scontro» tra Baby Touchè e Ringo l’altra sera a Dritto e Rovescio su Rete4 c’è un segnale che spesso si sottovaluta: Baby Touchè non è un musicista, non è un compositore, è un ventenne che converte luoghi comuni e violenza in presunte canzoni, che difatti non sono trasmesse dalle radio e non hanno rilievo di alcun tipo. Togliendo a quel tipo di musica popolare (la trap, ma anche il rap) ogni richiesta melodica e ogni vincolo metrico o compositivo, si consente a chiunque di esprimere il proprio disagio vero o presunto e impacchettarlo in una presunta canzone. Fino a pochi anni fa questi «sfoghi musicali» non avevano alcuna piattaforma sulla quale arrampicarsi e quindi, se andava bene, rimanevano relegati alle più marginali delle nicchie. Ora possono raggiungere un pubblico potenzialmente illimitato, che li segue più per morbosa curiosità che per effettivo interesse. Ma, fuori di questa bolla fittizia, hanno lo stesso effetto dello starnuto di una zanzara nella Via Lattea. Non a caso, appena si confrontano con la realtà, confermano di non conoscerla. Definire Ringo come «Totò Riina» non è soltanto un miserabile insulto ma è anche l’umiliante ammissione di non conoscere uno dei deejay più significativi della radio italiana, che ha fatto della musica una passione e una missione riconosciuta dal successo. Per un trapper è squilificante. Insomma, l’atteso «protocollo Mazzi» sui testi violenti di rap e trap è un segnale chissà quanto significativo. Forse sarebbe meglio che facessero tutti come fanno radio e media generalisti: evitarli.
Senza attenzione, queste bolle evaporano in fretta.