Ci sarebbe un’arma a ultrasuoni russa dietro alla misteriosa sindrome dell’Avana, che dal 2016 colpisce diplomatici e spie americane con emicranie, vuoti di memoria, vertigini e disturbi del sonno. Gli «armamenti acustici» sarebbero stati utilizzati dall’unità di sabotaggio dell’intelligence militare russa (Gru). A riferirlo è una nuova inchiesta firmata da The Insider, un gruppo investigativo di cronisti focalizzato sulla Russia con sede in Lettonia, che va a smentire le ipotesi del Pentagono. A partecipare al lavoro di indagine – presentato alla trasmissione Usa Cbs 60 minuti – anche il settimanale tedesco Der Spiegel. Il Cremlino smentisce tutto.
Se lo scenario spy – sicuramente molto suggestivo – fosse vero, allora ci sarebbe una spiegazione ai numerosi casi di sangue da naso, malattie, problemi all’equilibrio riscontrati sia a Cuba sia in altre ambasciate Usa in Cina ed Europa.
Le nuove rivelazioni contraddirebbero la precedente indagine condotta dal Pentagono e conclusa nel 2023 in cui si giungeva al risultato che fosse «molto improbabile» che dietro alla presunta arma invisibile ci fosse una potenza straniera.
«Purtroppo non posso essere più specifico, perché si tratta di materiale classificato. Ma posso dirvi che fin dalle prime fasi ho iniziato a guardare in direzione di Mosca» ha dichiarato alla Cbs Greg Edgreen, uno degli investigatori autori della prima indagine, ex ufficiale Usa a servizio al Pentagono. Edgreen ricorda anche che l’onere della prova sui colpevoli fu innalzata a livelli molto alti e nel 2023 non si giunse ad alcuna conclusione. Mentre, secondo l’inchiesta di Insider, la chiave del legame con l’intelligence russa sarebbe Vitaly Kovalev, uno chef russo arrestato per guida pericolosa in auto in Florida nel 2020 e che sarebbe stato riconosciuto come una spia russa, secondo quanto scoperto da una agente dell’Fbi, denominata Carrie, che fu vittima della misteriosa arma sonica. Kovalev tornò in Russia dopo il carcere e morì ufficialmente sul fronte in Ucraina. Un nesso con gli 007 russi è stato trovato anche dal giornalista investigativo russo di Insider Christo Grozev, giornalista bulgaro a capo del gruppo investigativo Bellingcat e amico dell’oppositore russo Alexei Navalny (morto in carcere lo scorso febbraio).
La Russia nega qualsiasi coinvolgimento. Lo ha ribadito all’agenzia di stampa russa Tass il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, commentando l’inchiesta: «Questo non è affatto un argomento nuovo – ha dichiarato – Il tema della cosiddetta sindrome dell’Avana è stato discusso sulla stampa per molti anni. E molto spesso fin dall’inizio è stato in qualche modo collegato ad accuse alla Russia, ma nessuno ha pubblicato o espresso una conferma convincente di queste accuse infondate. Tutto questo non è altro che un’accusa priva di fondamento». L’inchiesta riapre il fronte degli accertamenti su una questione controversa quanto affascinante. Come mai viene ribaltata la conclusione a cui era arrivata la Cia nel suo report? L’intelligence americana aveva scritto che la «sindrome dell’Avana con molta probabilità non dipende da attacchi deliberati da parte della Russia o altri paesi stranieri».
Il direttore della Cia aveva esplicitamente dichiarato che la sindrome era «legata a motivi ambientali, a situazioni di stress elevato oppure a problemi medici che non erano stati diagnosticati in precedenza».