A più di una settimana dall’attacco terroristico alla Crocus City Hall di Mosca, il Cremlino non abbandona la pista ucraina, pressato com’è dagli ultranazionalisti del siloviko d’acciaio Nikolaj Patrushev. Per questo anche il Ministero degli Esteri rincara la dose, ribadendo come dalle ulteriore investigazioni esca confermata una serie di indizi che portano a Kiev. “Il sanguinoso atto terroristico che ha avuto luogo il 22 marzo nella città di Krasnogorsk e che ha scioccato il mondo intero non è il primo attacco terroristico contro il nostro Paese negli ultimi tempi. Le azioni investigative condotte dalle autorità competenti russe indicano che le tracce di tutti questi crimini portano in Ucraina“, dichiara il Ministero degli Esteri russo in un comunicato, rilanciato dalla Tass.
La richiesta di arresto e estradizione
Mosca ha chiesto a Kiev di arrestare ed estradare tutte le persone coinvolte, ha dichiarato il Ministero degli Esteri russo, affermando che le indagini hanno dimostrato che la pista che riconduce all’attacco di Mosca e ad altri attacchi terroristici nella Federazione Russa continui a portare in Ucraina. Il Ministero degli Esteri russo ha trasmesso alle autorità ucraine le richieste, nel quadro della Convenzione internazionale per la soppressione degli attentati terroristici e della Convenzione internazionale per la soppressione del finanziamento del terrorismo, per l’arresto immediato e l’estradizione di tutte le persone coinvolte in questi attacchi terroristici.
Fra le richieste di estradizione spicca quella del capo della SBU Vasily Malyuk, che il 25 marzo ha seraficamente ammesso che l’Ucraina ha organizzato l’attentato al ponte di Crimea nell’ottobre 2022 e ha rivelato i dettagli dell’organizzazione di altri attacchi terroristici nella Federazione Russa. Come se non bastasse, Mosca chiede al regime di Kiev di interrompere immediatamente qualsiasi sostegno alle attività terroristiche, di consegnare i responsabili e di risarcire i danni causati alle vittime. “La violazione da parte dell’Ucraina degli obblighi previsti dalle convenzioni antiterrorismo comporterà la sua responsabilità legale internazionale“, tuona il dicastero degli Esteri russo.
L’ipotesi dei chip nel cervello degli assalitori dell’Isis
Ma sono le ipotesi sulle modalità di azione dei terroristi che fanno scalpore in queste ore: l’ex capo dell’ufficio dell’Interpol russo, il maggior generale Vladimir Ovchinsky ha dichiarato alla tv nazionale che, secondo la propria ricostruzione, nel cervello degli assalitori potrebbero essere stati impiantati dei chip per il controllo della mente. Confrontando la freddezza nell’azione, il modo di infierire sui cadaveri e la reazione una volta arrestati e condotti davanti al tribunale, Ovchinsky sostiene che la coscienza dei terroristi fosse in qualche modo disabilitata.
Soltanto sostanze psicotrope e programmazione neuro-piscologica, a suo dire, potrebbero essere all’origine di una schizofrenia così evidente: un mistero per nessuno, considerando il florilegio di ricerche che sono state effettuate sui fenomeni simili all’interno e fuori dall’Isis. Così come è risaputo l’utilizzo massiccio di captagon da parte dei miliziani dello Stato Islamico. L’ex capo dell’Interpol russo, tuttavia, aggiunge alla sua ricostruzione la possibilità dell’impianto di chip cerebrali, visto e considerato che “ora la neurobiologia consente il controllo su di una persona“. Il riferimento ovviamente va a Elon Musk e al suo Neuralink, l’azienda di neurotecnologie del magnate che sviluppa interfacce neurali impiantabili.
La risposta di Kiev
Dall’altro lato del campo, Kiev continua a negare qualsiasi coinvolgimento nell’operazione e nell’attentato, puntando il dito contro le accuse russe in un giorno particolare come l’anniversario del massacro di Bucha. Le dichiarazioni del ministero degli Esteri russo che parlano di “tracce che portano all’Ucraina” nell’attacco terroristico al Crocus City Hall di Krasnogorsk dello scorso 22 marzo “suonano particolarmente ciniche mentre ricordiamo l’anniversario del massacro di Bucha e la liberazione della città“. Ad affermarlo è proprio il Servizio di sicurezza dell’Ucraina replicando a Mosca. “Cercando di appellarsi alle norme del diritto internazionale, vale a dire la Convenzione sulla repressione del terrorismo, il ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa dimentica che il presidente russo Vladimir Putin è stato ufficialmente inserito nella lista dei ricercati internazionali, in particolare, è atteso al Tribunale dell’Aia per quanto riguarda il caso del rapimento di bambini ucraini“. Pertanto, rileva l’Sbu, “qualsiasi parola del ministero degli Esteri russo è priva di valore.
In effetti, la Federazione Russa può fare solo una dichiarazione degna di attenzione: annunciare la sua sconfitta nella guerra e il ritiro delle truppe di occupazione dalla terra ucraina“.