Le famiglie degli ostaggi israeliani sono sempre più schierate contro Benjamin Netanyahu. I parenti di una ventina delle persone ancora prigioniere di Hamas hanno denunciato la condotta “criminale” del premier, definendola “un ostacolo ad un accordo” con i terroristi per la liberazione dei loro cari detenuti nella striscia dal 7 ottobre.
In una conferenza stampa, lo hanno accusato di prendere decisioni senza consultare il gabinetto. “La sua condotta è inimmaginabile”, hanno dichiarato. “È criminale. Non abbiamo scelta. Lavoreremo per sostituirlo immediatamente, questo è il modo più veloce per assicurare un accordo”. Sabato 30 marzo, inoltre, diverse centinaia di persone hanno protestato a Cesarea vicino alla residenza privata di Netanyahu per “aumentare la pressione su di lui e così andare a nuove elezioni”. Tra i partecipanti alla protesta, vi era anche Amos Malka, ex capo del direttorato dell’intelligence militare israeliana, che ha accusato il premier di aver “abbandonato gli ostaggi”.
“Se le famiglie sapessero quanto è piccolo il divario che Netanyahu si sta rifiutando di colmare, esploderebbero”, ha affermato in un’intervista al Times of Israel. “Gli errori che hanno portato al 7 ottobre sono condivisi da molti nella comunità della difesa e dell’establishment, ma quello che è successo dopo è tutta responsabilità di Netanyahu”. Dimostranti si sono riuniti anche di fronte alla sede del ministero della Difesa, sempre per chiedere le dimissioni del governo e la convocazione di nuove elezioni. Questa eventualità, però, sembra poco probabile.
Dall’inizio del conflitto, infatti, Netanyahu ha ribadito più volte la sua intenzione di rimanere al potere fino alla conclusione delle operazioni contro Hamas. Nel corso dei mesi, però, le critiche al suo operato si sono fatte sempre più forti, sia nel mondo politico, sia tra la società civile israeliana. In particolare, i familiari degli ostaggi sono scesi più volte per le strade di Tel Aviv, chiedendo al governo di raggiungere un’intesa con l’organizzazione palestinese che, ad oggi, pare impossibile. I colloqui per una tregua riprenderanno domenica 31 marzo al Cairo ma, stando a quanto riportato da Hareetz, difficilmente le due parti arriveranno ad un accordo.
I terroristi, infatti, sarebbero inflessibili nella loro richiesta che a tutti gli abitanti del nord di Gaza venga permesso di ritornare nelle proprie case e starebbero ancora condizionando il rilascio degli ostaggi all’impegno israeliano di mettere fine alla guerra e ritirare tutte le forze dalla Striscia.