Nessuna pace per il nuovo corso del Partito democratico. Il nuovo tormento per Elly Schlein e compagni sono le prossime elezioni europee. O meglio, le liste dei candidati da piazzare nelle cinque circoscrizioni disponibili. La partita a scacchi verso il voto di giugno, quindi, si gioca sui nomi decisi dalla segretaria. Le perplessità, se non veri e propri mal di pancia, aumentano giorno dopo giorno. Il metodo-Schlein è contestato sia dalla parte riformista – o quel poco che ne rimane – del Pd, sia dall’ala più massimalista vicina alla segretaria.
I dossier sul tavolo dei vertici democratici, riassumendo al massimo, sono fondamentalmente tre. La prima questione, sollevata dalle stesse parlamentari del Pd, riguarda la riconferma delle eurodeputate dem a caccia sia di un posto favorevole nelle liste sia di un seggio sicuro a Bruxelles. Il problema di fondo? È presto detto: la scelta di Schlein di puntare tutto, o quasi, su candidature “esterne” potrebbe penalizzare l’intero reparto femminile del Nazareno. Una sorta di commissariamento dall’alto che non convince affatto la dirigenza dem.
E qui veniamo direttamente alla seconda questione: il cosiddetto caso Tarquinio. La candidatura dell’ex direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, sarebbe l’ennesimo cortocircuito della sinistra. Una personalità esterna al partito, contrario agli aiuti militari all’Ucraina e fieramente contrario all’aborto. L’esatto contrario del Pd a trazione Alessandro Zan sui diritti civili. E dal fronte riformista provocano: “Tarquinio è contrario all’aborto, cosa ne pensa Alessandro Zan?”. La deputata Lia Quartapelle, vicina all’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini, pressa: “Se si vuole imporre un cambiamento di rotta politica, lo si faccia apertamente, con una discussione esplicita negli organismi di partito deputati, non con le candidature”.
Due matasse difficilissime da sciogliere che rappresentano il preludio di una terza questione tanto tragica quanto involontariamente comica. La rivolta rosa contro la segretaria e le candidature civiche – spesso contradditorie – in casa dem, hanno distolto l’attenzione dal vero nodo politico dell’intero panorama del Partito democratico: la mancanza totale di una rappresentanza solida del mondo del lavoro e dei ceti meno abbienti della società. Il nuovo Pd della Ztl, intento a discutere di posizioni strategiche in lista e personalità di spicco esterne, si è dimentica della sua vecchia natura, ormai totalmente annebbiata se non del tutto dimenticata.
E i primi nomi usciti dal cilindro della leader dem, tra cui la giornalista Lucia Annunziata e Cecilia Strada, oltre ai volti noti dell’organigramma Pd, hanno spinto Andrea Orlando a sollevare un dubbio grosso come una casa. “Mi auguro che nelle liste – ha detto l’ex ministro della Giustizia – ci sia anche qualche rappresentante dei ceti meno abbienti, dei precari, del mondo del lavoro”.
Un auspicio che riassume alla perfezione tutte le difficoltà della nuova sinistra radical chic.