Tra il 6 e il 9 giugno, saranno circa 400 milioni i cittadini europei chiamati alle urne per eleggere il nuovo Parlamento. La tornata elettorale europea, che avviene ogni cinque anni, vedrà gli italiani votare l’8 e il 9 giugno. Si tratta di un appuntamento politico cruciale, che monopolizza il dibattito fra i partiti. Ecco perché è necessario fare chiarezza sulla posta in gioco e provare ad analizzare i potenziali esiti, i risultati che potrebbero uscire dalle urne dei 27 Paesi membri. Ovviamente, il futuro è solo probabile, ma noi ricercatori siamo, per professione, amici della probabilità.
I seggi al Parlamento europeo sono 720 e al momento sono distribuiti in questo modo: 420 per la maggioranza, costituita da popolari, socialisti e macroniani; 191 per le formazioni sovraniste e conservatrici di destra; 109 per i partiti ambientalisti e di sinistra. Come si può vedere dai grafici qui a lato, i dati della rilevazione indicano come probabile un leggero spostamento a destra degli equilibri. Leggero perché l’area governativa scenderebbe da 420 a 398 seggi: i tre partiti che oggi guidano a Bruxelles avrebbero sempre la maggioranza assoluta dei seggi (il 55%) e sarebbero ovviamente in grado di governare.
La prima delle tre anime che compongono la maggioranza è l’Alleanza dei Socialisti e dei Democratici per l’Europa (S&D), gruppo che riunisce i socialisti europei del PSE, in cui convergono socialdemocratici e laburisti e che rappresenta la formazione più numericamente significativa del centrosinistra. Il partito mira alla giustizia sociale, promuove l’eguaglianza di genere e un’aliquota fiscale minima globale del 21%.
La seconda componente è Renew Europe (i macroniani) rappresenta una coalizione di partiti liberali, democratici e progressisti e si pone come gruppo centrista e pro-europeo. Anche se in lieve discesa, è un partito per sua natura governativo.
Infine in maggioranza c’è il Partito Popolare Europeo (PPE), la formazione politica di centro che riunisce diversi partiti nazionali cristiano-democratici, liberali, moderati e conservatori, tra cui la CDU e la CSU tedesche, Forza Italia e il Partido Popular spagnolo. Il PPE difende i valori della democrazia, dei diritti umani e promuove un’Europa più integrata e coesa come risposta alle sfide globali.
All’opposizione, sul versante sinistro dell’Europarlamento, si trovano vari partiti di sinistra radicale, comunisti, socialisti e altri partiti progressisti. Nel suo insieme, il gruppo di Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica, condivide un’ideologia moderatamente euroscettica, critica verso l’attuale struttura politica dell’UE e le politiche monetarie neoliberiste, ma favorevole all’integrazione europea.
Il movimento dei Verdi/Alleanza Libera Europea (V/ALE) è transnazionale e raggruppa i partiti verdi nazionali europei. Ha l’obiettivo di promuovere politiche ambientali e fa della cosiddetta «transizione green», ovvero la conversione del modello economico produttivo europeo a basso tasso di emissioni, il proprio mantra: sostiene le aziende ecologiche, le cooperative e le iniziative locali.
All’opposizione ci sono poi anche le formazioni di destra: il gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR) è stato fondato nel 2009 da partiti conservatori che si definiscono come «eurorealisti» e si oppongono al federalismo europeo. Tra i suoi membri di spicco c’è Fratelli d’Italia, che ha giocato un ruolo significativo nel gruppo. L’attuale premier italiana, Giorgia Meloni, è stata eletta presidente del partito nel 2020. L’ECR sostiene la sovranità degli Stati-nazione e promuove il libero scambio, la concorrenza aperta, gli sgravi fiscali.
Identità e Democrazia (ID), fondato nel 2019, mira invece a promuovere la sovranità nazionale, critica l’attuale forma di integrazione europea e si oppone all’immigrazione non regolamentata. Include partiti come la Lega, il Rassemblement National di Le Pen (Francia) e Alternativa per la Germania (AFD). Conta in questo momento 59 deputati destinati a diventare 81 nella futura legislatura.
Chiude il panorama la truppa dei «non iscritti», formazioni politiche di varia natura che non si riconoscono negli altri eurogruppi, come il Movimento 5 Stelle.
Dopo aver vissuto da ragazzo la Seconda Guerra Mondiale, posso identificarmi nelle parole rilasciate da Jean Claude Juncker in un’intervista recente: «Il nazionalismo è un patriottismo diretto contro gli altri Paesi, mentre il patriottismo è l’amore verso il proprio Paese senza cadere nella trappola dell’antipatia per le altre nazioni. L’Europa per me rimane una grande avventura.
Talvolta mi dispero, ma mai definitivamente».