Il test attitudinale per l’accesso in magistratura non piace, in qualsiasi salsa, all’Anm. «È una legge che entrerà in vigore dal 2026, abbiamo tutto il tempo per convincere che questa legge così non serve a niente, decideremo nel comitato direttivo centrale», ringhia il presidente dell’associazione magistrati Giuseppe Santalucia. Per il quale è «un arbitrio» se «poi si vuole controllare altro che non sia la patologia psicologica, ma il modo di essere, l’espressione di una personalità che non piace».
Ma se il numero uno dell’Anm promette battaglia, ad alzare i toni intorno ai test è il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, che propone provocatoriamente di estendere il test a tutta la PA, e specialmente ai politici. «Se la politica ritiene che i test per i magistrati chiosa Gratteri – siano indispensabili e utili, io aggiungo: facciamoli per tutte le strutture apicali della pubblica amministrazione di questa nazione». Facciamoli «anche nei confronti dei politici, soprattutto quelli che hanno responsabilità di governo, incarichi regionali e comunali», insiste il magistrato. Che poi affonda il colpo invitando, «dato che ci troviamo», a fare «oltre ai test psicoattitudinali, anche il narcotest, perché chi è sotto l’effetto di cocaina può fare dei ragionamenti alterati o può prendere decisioni frutto di ricatti», e pure «l’alcoltest, perché chi magari quel giorno è ubriaco può dire delle cose che possono condizionare l’opinione pubblica in modo negativo». Pollice verso anche da Conte: «Non sono d’accordo». E il Guardasigilli ribatte subito: «Il test psicoattitudinale l’ho già fatto a suo tempo, per gli altri sono perfettamente disponibile». Poi il giudizio: «polemica sterile» e «vuote astrazioni», e sottolineando come il governo avesse il «quasi-dovere» di adeguarsi, visto il pollice verso delle commissioni Giustizia di Montecitorio e Palazzo Madama.
Un punto sul quale torna anche il vice di Nordio, Francesco Paolo Sisto: «Sui test c’è una volontà del Parlamento che, nelle due commissioni di Camera e Senato, ha indicato una sola direzione. Questo non poteva essere ignorato», ha spiegato il viceministro parlando ad Agorà, su Rai3. Sisto ammette di non essere un «fan dei test», non dicendosi convinto che «siano decisivi». «Penso che bisogna aiutare il magistrato a non sbagliare, più che punirlo. Questo è un mio personale convincimento: il cittadino vuole un magistrato che non sbagli», spiega ancora l’esponente dell’esecutivo. Chiarendo però che l’introduzione dei test sul modello Minnesota, «abitualmente utilizzato nello screening lavorativo», è comunque «una scelta che io trovo non incida minimamente sul rapporto tra magistratura e cittadino» e nemmeno «sull’autonomia e sull’indipendenza della magistratura».
Il leader della Lega Salvini invece non ha dubbi: «Ritengo che sia doveroso il test per verificare l’equilibrio per i magistrati, devono amministrare la cosa più importante che c’è, cioè la libertà». Sul tema interviene anche il capogruppo azzurro in commissione Giustizia al Senato, Pierantonio Zanettin, spiegando che Forza Italia «condivide e sostiene l’azione riformatrice di Nordio e del governo», e stigmatizzando le reazioni «da lesa maestà», «esagerate e pretestuose» da parte delle toghe per il via libera ai test. Che, ricorda Zanettin, «sono già previsti in altri stati europei, come Austria, Germania e Olanda, che non sono certamente paesi liberticidi o illiberali».
E se il deputato pentastellato Agostino Santillo ritiene i test uno stratagemma per «delegittimare i magistrati», lo psichiatra Paolo Crepet, ospite di Un giorno da pecora su Rai Radio1, boccia il modello Minnesota: «Roba degli anni ’60 o ’70, credo che oggi ci sia assolutamente di meglio», spiega, proponendo invece di fare dei test «lungo la carriera delle toghe, magari a distanza di dieci anni dall’ingresso, per capire se ci sono rischi di burnout o altro».