Unicredit esce da Webuild dopo cinque anni e manda in sofferenza il titolo. La banca guidata da Andrea Orcel ha venduto la sua quota nella società di costruzioni (4,99%) che fu acquisita nel 2019 in occasione del «Progetto Italia» che portò all’integrazione nel Gruppo Salini di diversi player del settore tra cui Astaldi. L’operazione di vendita (accelerated book building) ha riguardato 50,9 milioni di titoli ceduti a 2,2 euro per azione. Il valore finale è dunque di 112 milioni, a sconto dell’8,9% rispetto alla chiusura del 21 marzo. Piazza Affari si è così allineata ai valori della cessione, schiacciando il titolo del 5,9% a 2,27 euro. Male anche le azioni di risparmio: -6,3% dopo una sospensione per eccesso di ribasso. È stata comunque un’operazione profittevole per Unicredit che aveva il titolo in carico a 1,5 euro. Negli ultimi tre mesi, tra l’altro, l’azione ha guadagnato il 31,5%. Dopo l’operazione, tra gli azionisti rilevanti di Webuild restano Salini (con il 39,7%) e Cdp Equity (16,5%) vincolate da un patto parasociale rinnovato fino al 28 febbraio del 2027; un altro 4,6% è di Intesa Sanpaolo.
Intanto ieri l’ad del gruppo Pietro Salini (in foto) ha parlato del Ponte sullo Stretto spiegando che si tratta di «un’opera cruciale per lo sviluppo del Sud Italia, l’occupazione, la creazione di know-how e l’attrazione di giovani talenti. Siamo pronti a partire con un progetto unico dal punto di vista ingegneristico, assicurando i massimi livelli di trasparenza e legalità, come in tutti i nostri cantieri, e creando occupazione di qualità soprattutto per i giovani».
Salini ha poi detto che il Ponte sullo Stretto potrebbe resistere a sisma peggiori di quello che nel 1908 colpì la città di Messina radendola quasi al suolo.