Il ministro della Difesa russo, il generale Sergei Shoigu, durante il suo discorso di apertura alla riunione del consiglio del Ministero, ha affermato che la Russia creerà due nuovi Corpi d’Armata, 14 Divisioni e 16 Brigate entro la fine del 2024.
Quanto rilasciato dal ministro Shoigu non è nulla di inaspettato ma la continuazione del piano esecutivo presidenziale di riforma strutturale dell’esercito russo, approvato alla fine del 2022: nessuna nuova minaccia all’Europa o segnale di preparazione per una guerra più ampia, quindi.
Come riporta la Tass, l’esercito di Mosca ha già visto la nascita di un nuovo corpo d’armata e di una divisione di fanteria meccanizzata, e l’Institute for The Study of War (Isw) ha osservato che nel 2023 la Russia ha creato due nuovi Corpi d’Armata: il 18esimo e il 25esimo. A gennaio dello scorso anno, sempre il ministro Shoigu aveva affermato che l’esercito russo avrebbe visto la creazione durante l’anno di tre nuove Divisioni di fanteria meccanizzata e due nuove Divisioni di assalto aereo, oltre a riorganizzare sette Brigate di fanteria meccanizzata in Divisioni.
Quanto visto dal 2022 sino a oggi, non è che la risposta russa all’ingresso di Svezia e Finlandia nell’Alleanza Atlantica con un ritorno a una struttura dell’esercito su grandi unità di manovra piuttosto che basata sulle Brigate o su unità più piccole come i Gruppi Tattici di Battaglione (o Btg nel loro acronimo anglosassone).
Del resto sappiamo che la riforma “New Look Army” voluta nel 2008 dall’allora ministro Serdyukov, e incentrata sul concetto di avere un esercito più snello e con unità di manovra più piccole (quindi più “agili”) è stata abortita proprio con l’arrivo di Shoigu.
La Russia è entrata quindi in guerra con l’Ucraina con un esercito “ibrido” ovvero con unità di grosse dimensioni (i Corpi d’Armata di livello divisionale) e con altre unità più piccole – i Btg che teoricamente avrebbero dovuto essere autonomi – spesso e volentieri con la mancanza di un corpo intermedio: le Brigate.
Ora invece stiamo assistendo a un ritorno parziale all’impronta sovietica dell’esercito con Corpi d’Armata di livello Brigata e con la presenza più preponderante di unità di livello Divisione. Questo si spiega, oltre che col deterioramento dei rapporti con la Nato che viene vista sempre più come un ente aggressivo al punto che la propaganda di Mosca parla oggi chiaramente di “guerra” e non più di “operazione militare speciale” proprio per il maggior sostegno occidentale all’Ucraina, anche con la necessità data dall’allungamento della frontiera coi Paesi dell’Alleanza che ha reso impellente una riorganizzazione delle forze sul territorio.
Solitamente quando vengono creati nuove unità di grandi dimensioni, nella dottrina russa si prevede la creazione di nuovi reparti aerei per il loro supporto (quindi nuove basi o la riattivazione di vecchie) per cui è probabile che, se arriveranno nuovi velivoli (e non è affatto scontato dato il consumo dato dalla guerra in corso), assisteremo alla nascita di nuovi Stormi di cacciabombardieri, particolarmente nella zone nord del Distretto Militare Settentrionale ovvero lungo quella nuova frontiera diretta con la Nato che la Finlandia ha generato col suo ingresso nell’Alleanza.
Nonostante i continui allarmi sulla possibilità di un attacco russo a un membro della Nato, risulta difficile pensare che possa essere messo in atto nel breve periodo: ancora l’Isw afferma che la tempistica per creare una significativa minaccia armata convenzionale russa dipende fortemente dalle risorse finanziarie che Putin è disposto a mettere contro gli sforzi militari attualmente in corso per il conflitto in Ucraina.
In ogni caso anche qualora il conflitto dovesse concludersi entro l’anno, è molto probabile che l’attuale regime di economia di guerra russo non verrà sospeso o rimodulato, ma che continuerà proprio per riformare/riequipaggiare i reparti consumati da due anni di combattimenti e per la creazione di nuovi, che andranno a completare i piani del Cremlino di riforma dell’esercito.
Difficile dare una tempistica su quando la Russia post guerra potrà tornare a essere una minaccia per un qualsiasi Stato che la circonda: le variabili sono soprattutto economiche.
Purtuttavia se i ritmi di produzione (e di mobilitazione) dovessero restare gli stessi di quelli bellici è ragionevole supporre che sarebbero molto più corti rispetto al lasso di tempo che è intercorso tra l’operazione in Crimea/Donbass del 2014 e l’invasione del 2022.