– A 11 anni dall’affare “casa di Montecarlo” vanno segnalati due scandali. Il primo riguarda la giustizia,mai così lenta nel cercare di punire i presunti colpevoli. Il secondo riguarda Repubblica, che ancora un decennio dopo, nonostante le evidenze e l’ottimo lavoro di giornalismo d’indagine, sostiene ancora la teoria della “macchina del fango”. Balle.
– Dell’intervista di Giorgia Meloni ad Agorà terrei soprattutto la parte in cui il premier sostiene di essere pronta a lasciare “la guida della Nazione”, e di conseguenza immagino anche la leadership di un partito che aspira a governare, solo se si verificassero tre condizioni. Primo, se capisse di non avere “più il consenso degli italiani”. Secondo, qualora non fosse più in grado “di incidere” nel suo ruolo. Terzo, nel caso in cui la “tempesta” dovesse influenzare l’esistenza della figlia Ginevra. E quest’ultimo punto è molto umano e poco scontato: qualcuno potrebbe obiettare che il benessere di uno Stato può valere il sacrificio di un singolo bambino, ma non per chi quella vita l’ha messa al mondo e per cui desidera ogni bene.
– É probabile che la notizia di truppe francesi pronte a partire per l’Ucraina sia una fake news di Mosca. E pure Kiev nega di aver mai richiesto soldati occidentali. Però le posizioni di Macron sui soldati Nato hanno ormai aperto alla possibilità, qualora se ne verificasse l’occasione. È pericoloso. Perché le guerre sono come una slavina: quando inizia a correre, non la fermi più. Mai come in questi casi è importante prevenire possibili incidenti militari anziché ritrovarsi a doverli curare a suon di bombe.
– Il pm Laudati, indagato nel caso dossieraggio, si lamenta per la “massiccia ed incontrollata diffusione di notizie coperte da segreto istruttorio”. A dargli voce è il Domani, giornale che con quelle notizie campa da tempo. Fa ridere, tuttavia è positivo che qualche magistrato si accorga di come venga stravolta la vita dell’indagato quando dalle procure trapelano dettagli di indagine senza che ai malcapitati venga dato il tempo di difendersi.
– Chi ha criticato a tal punto Roberto Speranza da indurlo a scrivere un post che spiattella in pubblico le sue debolezze? Dovete sapere che l’ex ministro della Salute era il candidato ideale per il campo largo in Basilicata. Di sinistra, vicino a Elly e pure a Giuseppi, conosciuto da tutti. Eppure ha detto di no: c’è chi dice per “non tornare in Serie B”, chi per paura di perdere, altri ancora, leggi Rosy Bindi, perché “i giovani non sono abituati a fare questi sacrifici”. Per mettere a tacere le voci, Roberto s’è scavato la fossa: sostiene di essere stanco, di aver lavorato con un carico “inimmaginabile”, di aver dovuto prendere decisioni complicate, e anche di soffrire il fatto di vivere sotto scorta per via delle minacce dei No Vax. Insomma: non gliela fa più. Comprensibile? Certo. Umano? Eccome. Ma mostrarsi deboli in politica non è mai una buona idea: come potrebbe candidarsi a un ruolo da premier, in futuro, un politico che dopo tre anni da ministro non ha le forze per restare in pista? In fondo Conte in quel periodo era addirittura premier, quindi con un carico di responsabilità ulteriore, ma non s’è ritirato nel ruolo di parlamentare semplice…
– Piccolo, meraviglioso refuso delle agenzie di stampa: invece di scrivere ‘ha detto Speranza su Fb…’, si legge ‘ha detto Speranza su Fn..’, cioè Forza Nuova. Che per Roberto il Rosso deve essere un affronto mica da niente.
– Il bagno all gender di cui tanto si parla ancora alla Bocconi è il tipico esempio di inutilità elevata al quadrato, trasformata dall’ideologia inclusivista in una grande conquista. Ma in fondo si tratta del caro vecchio cesso dei bar troppo piccoli per averne due distinti, in cui i maschietti pisciano in terra e le femminucce sono costrette ad arrampicarsi per non sporcarsi. Peraltro, la soluzione trovata dalla Bocconi è inutile perché trans e non binari potranno trovare in fila maschi e femmine proprio come nei bagni “normali” non risolvendo – anzi semmai peggiorando – l’eventuale imbarazzo.
– Un paesino sperduto in Francia, che vive sopra una miniera di litio, protesta contro la corsa all’oro bianco necessario per costruire le batterie delle auto elettriche. Come è possibile che i paladini del green siano contro le batterie green? La verità è che agli ecologisti duri e puri la transizione alle “auto elettriche” non basta, perché anche l’estrazione del litio e la costruzione degli accumulatori sono processi inquinanti. Non potendo prendersela col motore a scoppio o con la benzina, adesso chiedono che il minerale “non venga usato per costruire Suv”, nuovo simbolo di questo ambientalismo molto socialisteggiante. La verità è che potremmo trovare le migliori tecnologie a minor impatto ambientale, ma non andrà mai bene loro: prima ci hanno chiesto di passare alle batterie, poi di eliminare i Suv, infine arriveranno a chiederci di muoverci a piedi o ci chiederanno di tornare al cavallo. Sempre che le flatulenze degli equini non producano troppo effetto serra.