«Visto? L’Unione Europea adesso si muove sulla nostra agenda». Giorgia, raccontano a Palazzo Chigi, è «molto soddisfatta». Al Cairo, assieme a Ursula von der Leyen, ha firmato un accordo definito addirittura «storico» di partenariato con l’Egitto e una stretta sul controllo dei flussi. E a Bruxelles, da domani a venerdì, lavorerà con gli altri leader su un canovaccio che sembra quasi scritto dall’Italia. Ucraina, sicurezza, difesa, Medio Oriente, agricoltura, questi i temi del vertice, ma il capitolo più corposo sarà quello dedicato all’immigrazione. Quindi sì, la Meloni è piuttosto «compiaciuta», e poco importa se i due vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani litigano sulla vittoria elettorale di Putin, perché quello che conta è la posizione «ferma» del governo, da sempre con Kiev e il diritto internazionale e contro l’invasione russa.
La premier sarà oggi al Senato e mercoledì alla Camera per le sue comunicazioni in vista del Consiglio Europeo. Davanti al Parlamento ripeterà il concetto espresso a caldo dopo i colloqui con Al Sisi: «Sono orgogliosa del ruolo che sta svolgendo il nostro Paese, stiamo pure facendo scuola in Europa». Infatti, stringere patti con l’Unione secondo la Meloni, aiutando gli Stati di origine e quelli di transito, è il modo migliore per arginare gli sbarchi. Investimenti, assistenza, tecnologia servono per prevenire gli ingressi illegali in Europa e anche per aprire spazi e mercati alle imprese. In questo quadro va inserito il Piano Mattei, che coinvolgerà all’inizio nove Paesi africani e che è stato già incasellato nei lavori del G7 a presidenza italiana.
Poi certo, le guerre preoccupano. Le notizie dal fronte ucraino non sono buone e a Gaza non si vedono ancora spiragli. «Stiamo affrontando una situazione internazionale molto complessa – le parole di Giorgia – e serve più impegno europeo». In più, c’è lo scenario economico globale che non promette nulla di buono. «Stiamo tuttora pagando le enormi conseguenze del Covid – come scrive in un messaggio a quattro anni dalla sfilata a Bergamo dei camion militari carichi di bare – e abbiamo saputo reagire».
Ora però i conflitti a due passi da casa creano altra angoscia e chiamano la Ue a una risposta più netta. A Bruxelles si discuterà infatti di come proseguire nel sostegno a Zelensky. «L’Unione – si legge nel documento preparatorio- continuerà a fornire aiuto economico, politico, umanitario e militare per tutto il tempo necessario». Si parlerà pure di Palestina: condanna di Hamas, diritto all’esistenza di Israele, fine dell’offensiva a Gaza, sforzi diplomatici per garantire i soccorsi umanitari e evitare un’escalation regionale. La linea di Bruxelles, che è anche quella italiana, non cambia. Nell’ordine del giorno anche maggiore impegno sulle migrazioni con «partenariati, controllo efficace delle frontiere esterne, rimpatri, lotta risoluta alla criminalità».