I big dell’auto nel caos si appellano all’Europa

Lettera aperta a Luca de Meo, ad di Renault

In Europa il voto di giugno si avvicina e tra i big dell’auto salgono timori e incertezze visti i mega investimenti (oltre 250 miliardi tra il 2022 e il 2024) destinati alla mobilità elettrica come da input del piano «Fit for 55». Ma il vento è girato. E a prendere corpo è una revisione di quanto è stato deciso con aperture a più soluzioni «green». Tra i capi azienda, gli stessi che hanno scommesso forte sul «tutto elettrico», il nervosismo è evidente. Di ieri, in proposito, la lettera all’Europa di Luca De Meo, ad di Renault (in foto), una sorta di roadmap in vista delle prossime elezioni. De Meo ripropone per l’auto il «modello Airbus» intensificando le iniziative di cooperazione per controbattere agli «Usa che incentivano, ai cinesi che pianificano, mentre in Europa si regolamenta».

La proposta alla politica è di creare «aree economiche verdi» dove concentrare gli investimenti e gli incentivi (termine ricorrente quando si parla di elettrico, ndr) per la transizione energetica. La sfida è che nel 2030 il 55% delle vendite di veicoli riguarderà modelli elettrici (ora la quota è dell’8%) con forti benefici occupazionali. Non manca l’allarme Cina: il 4% delle auto elettriche vendute ora in Europa arriva, infatti, da Pechino. C’è poi Carlos Tavares, ad di Stellantis, che in una recente intervista al Sole24Ore, ricorda come «le decisioni che stiamo prendendo sono una conseguenza delle scelte di Bruxelles; dobbiamo gestire una transizione che non abbiamo deciso noi». Per poi ribadire la necessità di implementare un sistema di incentivi, vista anche la specificità del mercato italiano, al momento poco incline all’auto elettrica. La sintesi di Giuseppe Sabella, direttore del Centro studi Oikonova: «Si scaricano sulla Ue le responsabilità delle scelte “green”, ma quelle dei costruttori automotive sono maggiori»

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