Le notizie sulle indagini relative alla gestione delle segnalazioni di operazioni sospette effettuata dal luogotenente Striano impongono non solo una riflessione sulla attualità della Direzione nazionale antimafia, già sviluppata sulle colonne di questo giornale, ma anche sulle norme nazionali e sull’opportunità di rivedere le attuali architetture istituzionali nella materia dell’antiriciclaggio.
La gestione delle operazioni sospette è disciplinata da norme di matrice sovranazionale: le leggi italiane devono recepire le direttive dell’Unione Europa in tema di antiriciclaggio. La disponibilità delle segnalazioni di operazioni sospette da parte degli organi inquirenti è stata da ultimo disciplinata con la direttiva 2019/1153, recepita nel nostro ordinamento dal decreto legislativo n.186 del 2021 il cui articolo 5 accentra le competenze presso il Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza.
In particolare, quando Polizia di Stato e Carabinieri vogliono conoscere l’esistenza di una segnalazione di operazioni sospette devono rivolgersi al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza. Il presupposto di tale richiesta è che tale dato informativo sia necessario per lo svolgimento di un procedimento penale o nell’ambito di un procedimento per l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali. Si tratta questa di una soluzione fortemente caldeggiata dall’allora Comandante Generale della Guardia di Finanza che nell’audizione alla Camera dei deputati del 20 ottobre 2020 ha posto il Corpo della Guardia di Finanza al centro del sistema di gestione delle segnalazioni di operazioni sospette ancor di più rafforzata dal fatto che in questo modo la Guardia di finanza è in grado di conoscere l’esistenza di procedimenti penali le cui indagini vengono svolte da altri corpi di polizia.
È su questa base che nel dicembre 2021, per la condivisione delle informazioni antiriciclaggio, è stata stipulata una convenzione fra Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza, che, come detto, è nel nostro ordinamento l’unica, fra le forze di polizia italiane, ad avere un accesso immediato e non filtrato alle informazioni antiriciclaggio.
Sul punto la citata convenzione reca un articolo che, specificando le modalità attraverso le quali deve essere assicurato il corretto trattamento dei dati personali, stabilisce che: «i dati oggetto di scambio devono essere adeguati, pertinenti e limitati rispetto alle finalità per le quali sono trattati e la trasmissione avviene con modalità idonee a garantire la sicurezza e la protezione dei dati». Tradotto: i sistemi informativi operanti all’interno della direzione nazionale antimafia devono essere perfettamente operanti e idonei allo scopo.
Tuttavia, si tratta di una dimensione del tutto estranea a quella delineata dal Procuratore Nazionale Antimafia nella sua recente audizione di fronte alla Commissione parlamentare Antimafia da cui emergono due dati certi: il primo rappresentato dal fatto che ora i controlli interni sul personale preposto alla gestione delle Sos funzionano perfettamente, ragion per cui non sarebbe più ipotizzabile un caso Striano; il secondo, più inquietante, che il contesto che la vicenda Striano si è realizzata nell’ambito di sistemi informativi, come quelli propri dell’amministrazione della giustizia, che sono deboli e obsoleti. Si tratta di una affermazione che può implicare importanti conseguenze a causa dell’evidente contrasto con le prescrizioni dettate in materia dall’Unione Europea. Infatti, dall’accadimento della vicenda Striano non risulta che all’interno della direzione nazionale antimafia siano stati cambiati server oppure acquistati nuovi personal computer. E, ciò nonostante, le rassicurazioni fornite dallo stesso Melillo sul potenziamento dei controlli che oggi impedirebbero vicende Striano ma che non attengono al diverso tema della sicurezza dei sistemi informativi.
Ed è per tale motivo che l’intera vicenda rischia finire da un momento all’altro sotto la lente dell’Unione Europea, che potrebbe inoltrare alle Autorità di Governo, peraltro parte lesa dai reati commessi, una lettera di messa in mora per richiedere formalmente una dettagliata relazione sul caso e sugli accorgimenti che sono stati presi per porre fine agli illeciti commessi.
La partita in atto, insomma, non può essere solo giudiziaria e deve essere affrontata anche per evitare che specie alla luce di quanto affermato dal Procuratore Nazionale Antimafia venga aperta una procedura di infrazione per le modalità di gestione delle segnalazioni di operazioni sospette.