– A New York il sindaco Eric Adams ha redatto una nuova normativa green che costringerà le pizzerie con forno a legna a ridurre del 75% le loro emissioni. In pratica: o paghi una cifra considerevole per installare dei costosissimi filtri, oppure passi a quello elettrico e ciao ciao affumicatura della margherita. Va bene tutto: l’inquinamento di NYC, l’aria irrespirabile, le ideologie. Ma che una città piena di drogati e senzatetto in giro per le strade debba prendersela coi forni a legna dà la misura del dirigismo minuto a cui sta arrivando l’agenda verde.
– Macron non intende fare passi indietro e difende le sue parole sulle “truppe Nato in Ucraina” e scatena la reazione di Mosca. La proposta di Emmanuel è quasi irrealizzabile: Tajani ha già risposto picche (“farebbe scatenare la terza guerra mondiale”), Scholz non ne vuol sentir parlare (non manda manco i missili Taurus, lui) e altri Alleati temono l’attivismo francese (unico Paese europeo, peraltro, dotato di bomba atomica). In realtà l’uscita di Macron pare più elettorale che sostanziale, un modo per riprendersi la centralità della scena facendo leva sul patriottismo francese. Eppure la storia non dimentica: era lui, all’inizio del conflitto, a ricordare a tutti che un conflitto Nato-Mosca non è affatto augurabile e che la Russia andava contenuta, non umiliata. Per il bene del mondo è forse il caso che l’inquilino dell’Eliseo abbassi un po’ i toni.
– Giulia De Lellis, quella che “non ho mai letto un libro in vita mia”, sale in cattedra alla Bocconi. Chi si indigna, sbaglia. Chi riesce a campare con campagne di marketing sui social, che sia un laureato o meno, ha pur sempre qualcosa da raccontare a chi sogna di fare impresa. Può non piacervi, e non piace neppure a chi scrive, ma gli influencer sono parte di questo disgraziato mondo. In fondo anche i calciatori vengono invitati nelle scuole, eppure non citano certo Shakespeare a memoria.
– Alla Lazio viene giù tutto, dopo l’addio di Sarri. Ma prendersela con Ciro Immobile rasenta la follia: oltre 160 gol con la maglia biancoceleste, impegno mai fatto mancare, attaccamento alla maglia, corsa, sangue, fatica. La gratitudine resta il sentimento del giorno prima, però gettare nel fango l’ultima bandiera rimasta solo per difendere il fallimentare approccio tecnico di Sarri sa molto di impazzimento collettivo. Chi critica Ciro, sbaglia.
– La storia è questa: Maurizio Molinari viene invitato dal rettore dell’Università Federico II di Napoli a tenere un convegno. Quale che fosse il tema, gli studenti pro-Palestina fanno irruzione, vengono alle mani con la polizia, occupano l’aula e impediscono l’avvio del dibattito. Il tutto al grido di “Fuori i sionisti dall’Università”. Dopo David Parenzo, ora anche il direttore di Repubblica assaggia la violenza antidemocratica di centri sociali e affini, che per imporre slogan ideologici impediscono agli altri di esporre le proprie idee. Massima solidarietà a Molinari, ovviamente. Ma è finita l’Era in cui a finire nel tritacarne dei collettivi rossi erano solo Daniele Capezzone, il ministro Eugenia Roccella, “i fascisti”, “i fascisti”. Sarebbe invece arrivato il momento, per il mondo intellettuale liberal-progressista, di smetterla di lisciare il pelo a certi movimenti.
– Quale che sia la sigla, infatti, chi ha imbavagliato Molinari fa parte dello stesso substrato antagonista degli scontri di Pisa e dei tafferugli di Firenze, Napoli, Roma e Bologna. Sono gli stessi che bruciano la bandiera di Israele, che imbrattano le vetrine dei negozi, che impediscono a un parlamentare leghista di presentare un libro o cacciano una ragazza filo-israeliana dai cortei. Cambiano canotta in base alle battaglie, ma il brodo di coltura resta identico: “antifà”, movimenti per la casa, antagonisti, ultras femministe, “studenti pro-Pal”. Tutti spesso coccolati proprio da Repubblica.
– Per la precisione, i contestatori di Molinari – quelli che lo hanno accusato di “nascondersi come un topo” – sono gli stessi che a metà febbraio avevano organizzato un presidio di fronte alla sede Rai per urlare alla presunta “censura” contro Ghali. Gli attivisti schiacciarono contro la cancellata gli agenti che reagirono con una carica di alleggerimento. Rep titolò: “Al sit-in per Gaza, cariche e feriti. Il Pd: Piantedosi deve chiarire”. Con foto strappalacrime di un manifestante insanguinato ad evocare la repressione governativa. Ora Molinari sa cosa significa trattare con certi soggetti: la “bestia” antifà gli si è ritorta contro.
– Sergio Mattarella telefona a Molinari per esprimergli la sua solidarietà. Giusto così. Però ho fatto una ricerca online e non ho trovato un comunicato simile del Quirinale per dare notizia di una telefonata simile quando, anni fa, Daniele Capezzone venne censurato alla Sapienza. Entrambi giornalisti, eppure Re Sergio si muove solo per il direttore di Repubblica. Facciamo figli e figliastri?
– Secondo una docente della Washington University la rappresentazione di Dio nella Cappella Sistina sarebbe degna di un “suprematista bianco”. Essendo i soggetti tutti di carnagione chiara, da Dio ad Adamo, la studiosa ha trovato in Michelangelo “la perfetta convergenza della supremazia bianca e del patriarcato”. Commentare è complicato, forse impossibile. Non tanto perché ovviamente Michelangelo è figlio del suo tempo e sai cosa gliene fregava di fare un Dio nero. Ma qui siamo al paradosso per cui i liberal americani, seguiti dai movimenti woke europei, pretendono di riscrivere la storia e l’arte mondiale secondo i loro distorti canoni ideologici. Oltre che siocco è pure pericoloso.
– Il campo largo è morto, parte due. Oggi il povero paracadutato possibile candidato governatore in Basilicata, Domenico Lacerenza, medico oculista, è già in odore di siluramento dopo nemmeno 24 ore di gloria. Nel Pd locale c’è aria di rivolta per una nomina paracadutata dall’alto dopo l’accordo Conte-Schlein e che esclude Azione. Brutta gatta da pelare, per Schlein. Bonaccini infatti va ripetendo che senza i centristi al Nord il Pd non va da nessuna parte, men che meno alle elezioni nazionali; ma Giuseppi dall’altro lato tiene Elly per la colletta, imponendole veti, consapevole che senza M5S vincere per i dem rimane un’utopia. Mi fa quasi pena.
– Pare che Mario Draghi sia uno dei possibili candidati alla guida del Consiglio europeo, quel consesso che riunisce i capi di Stato e di governo. Prenderebbe il posto di mr sofà Charles Michel. In realtà la nomina è complicata, visto che con ogni probabilità il posto verrà assegnato ad un socialista e Draghi non fa parte del Pse. Però se ne parla. E pare che il più grosso scoglio per Supermario siano proprio i suoi superpoteri: troppo ingombrante il suo nome per un Consiglio di prime donne. Il rischio che faccia ombra ai vari Macron e Scholz è troppo grande.
– Luca Lotti, assolto in quell’assurda vicenda giudiziaria che puzza lontano un miglio di inchiesta politica, lancia una stilettata mica da niente a Enrico Letta, il segretario che nel 2022 confezionò le liste elettorali e tagliò fuori proprio Lotti. Testuale: “Io mio numero ce l’ha, ma in questi giorni forse l’avrà perso”. Solo per darvi un’idea del clima che si respira dalle parti del Nazareno.