Giovedì 14 marzo, dinnanzi ai giudici della Corte d’Assise di Catanzaro, si aprirà il processo per l’omicidio di Maria Chindamo, la commercialista e di Laureana di Borrello (Reggio Calabria) rapita dinanzi al cancello della sua tenuta agricola in contrada Montalto di Limbadi (Vibo Valentia), il 6 maggio 2016, uccisa e poi finita in pasto ai maiali. Sul banco degli imputati ci sarà Salvatore Ascone, detto “u pinnularu”, che lo scorso 22 gennaio era stato rinviato a giudizio per il delitto. “Per otto anni abbiamo camminato sulle strade della speranza anche quando tutto sembrava perso. Grazie a tantissime scuole, ai movimenti e alle associazioni Penelope, Libera, Goel, agli avvocati Nicodemo Gentile e Antonio Cozza“, ha dichiarato all’Agi Vincenzo Chindamo, il fratello della vittima.
Il movente dell’omicidio
La svolta decisiva nelle indagini relative al delitto di Maria Chindamo c’è stata con l’operazione Maestrale-Carthago della Dda di Catanzaro che, lo scorso settembre, ha portato all’arresto di 84 persone in tutta Italia, tra le quali anche Ascone. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, il rapimento e l’omicidio della 44enne sarebbe scaturito in seguito al suicidio del marito, Vincenzo Puntoriero, avvenuto l’8 maggio 2015. Il movente sembrerebbe riconducibile a questioni di carattere economico: la cosca Mancuso sarebbe stata interessata ai terreni agricoli gestiti da Chindamo. Non è escluso altresì che la donna possa esser stata punita per una relazione venuta alla luce con la prima uscita pubblica assieme al compagno, due giorni prima del delitto.
La rivelazione dei collaboratori di giustizia
I macabri dettagli sulla distruzione del cadavere sono emersi contestualmente alle dichiarazioni rese da due collaboratori di giustizia, Emanuele Mancuso e Andrea Mantella, secondo i quali il corpo senza vita di Chindamo sarebbe finito in pasto ai maiali e i resti ossei triturati con la fresa di un trattore. In particolare Mancuso, ex rampollo dell’omonima famiglia di ‘ndraghetisti, raccontò di aver ricevuto suddette informazioni dal figlio di Salvatore Ascone, Rocco: “Rocco mi disse che in venti minuti i maiali si erano mangiati il corpo della donna e che avevano triturato i resti delle ossa con una fresa o con un trattore“.
Il ruolo di Salvatore Ascone
Secondo gli inquirenti Salvatore Ascone, vicino alla cosca dei Mancuso, la sera prima del 5 maggio 2016 avrebbe manomesso il sistema di sorveglianza installato presso la sua proprietà, limitrofa a quella di Chindamo. Un intervento che, secondo l’accusa, avrebbe agevolato gli autori del sequestro e del successivo omicidio della 44enne. Nel 2016 Il 57enne venne arrestato con l’accusa di concorso in omicidio e poi prosciolto su sentenza della Cassazione, che aveva stabilito l’assenza di manomissioni alle telecamere. Anche il figlio Rocco era stato indagato, ma poi la sua posizione fu archiviata dal Tribunale per i minori. Per gli investigatori Ascone avrebbe agito in correità con un’altra persona, poi deceduta.
Vincenzo Chindamo: “Credo nello Stato”
Domani, a 8 anni dal delitto, ci sarà la prima udienza del processo. “Mi aspetto l’inizio di un percorso con una velocità diversa, in cui lo Stato si è reso più manifesto nel partecipare a questo cammino difficile. In otto anni ci sono stati silenzi operosi e si è lavorato molto, il processo ne è la dimostrazione” ha detto Vincenzo Chindamo, il fratello di Maria. “Non ho mai smesso di credere, lungo questo interminabile periodo, nello Stato. – ha concluso – Grazie a chi mi ha contattato sentendo di voler essere simbolicamente presente giorno 14 marzo“.