“Scagionato dalle carte”: il dossier e la trascrizione sulla salute mentale di Biden

"Scagionato dalle carte": il dossier e la trascrizione sulla salute mentale di Biden

Passata quasi una settimana dalla prova effervescente del discorso sullo stato dell’Unione, la memoria e la senilità di Joe Biden continuano ad animare il dibattito politico americano. A riscoperchiare questo vaso di Pandora, la Cnn, giunta in possesso delle 258 pagine della trascrizione della deposizione inviata dal procuratore Robert Hur al Congresso, e che fa riferimento al caso della documentazione che il presidente, quando ancora non era tale, aveva trattenuto presso la propria abitazione e il proprio studio.

Il rapporto che aveva fatto infuriare Biden

Il rapporto, pubblicato l’8 febbraio scorso, aveva stabilito Biden non sarebbe perseguibile per aver trattenuto file sensibili: tra le motivazioni del procuratore, la sua “memoria limitata“. “Una gestione problematica“, così fu definita la vicenda dei file non restituiti alla fine del mandato da vicepresidente, ridimensionata dallo stesso Hur poichè “una giuria troverebbe Biden come una figura simpatica e un uomo anziano con buone intenzioni e scarsa memoria“. Un verdetto che, da un lato, aveva “scagionato” Biden, ma che dall’altro lo ha esposto al pubblico ludibrio in piena campagna per la rielezione. Da quel momento, si erano fatte ancora più insistenti le richieste di test cognitivi (per lui, ma anche per l’avversario Donald Trump), atti a verificare lo stato delle capacità cerebrali del primo cittadino d’America. Il resto, poi, si era mescolato al tam tam delle primarie, fino a oggi.

Hur si difende dall’accusa di aver danneggiato Biden, favorendo il Gop

La mia valutazione nel rapporto sulla rilevanza della memoria del presidente era necessaria, giusta ed accurata“, così il procuratore speciale, durante la sua testimonianza oggi al Congresso, si è difeso dalle accuse di aver offerto un assist al Gop scrivendo nel suo rapporto che il presidente è “un anziano con problemi di memoria“. Riconoscendo che “c’è stata una grande attenzione alle affermazioni contenute nel rapporto riguardo alla memoria del presidente“, ha spiegato di essere stato obbligato dalle regole del dipartimento di Giustizia che impongono di valutare lo stato mentale della persona al centro di qualsivoglia indagine. “Le prove e lo stesso presidente hanno messo la questione della sua memoria al centro – ha ribadito Hur – ho scritto quello che le prove mostravano e quello che ritenevo che i giurati avrebbero acquisito e creduto. Non ho ripulito le mie valutazioni né ho screditato ingiustamente il presidente“.

La trascrizione ridimensiona i vuoti di memoria di Biden

Biden aveva reagito con veemenza a poche ore dalla diffusione del report, preferendo tuttavia apparire in pubblico a fine giornata per una breve conferenza stampa in cui si concentrava sul felice esito della vicenda. Meno calma aveva dimostrato nel rispondere alle domande dei giornalisti e, qualche giorno dopo, in Virginia, come era apparso evidente dalle risposte animate, a volte rabbiose, date ai giornalisti; ma soprattutto per l’accenno al fatto che, durante il colloquio di 5 ore dello scorso ottobre, il presidente non avrebbe ricordato la data della morte del figlio Beau. Oggi la trascrizione della deposizione ridimensiona la portata dei buchi di memoria di Biden, ma tuttavia conferma alcuni scivoloni del presidente. Dopo un inizio in scioltezza, nel quale Biden aveva scherzato per primo sulla sua età (“Sono un uomo giovane, quindi non è un problema“, aveva esordito), l’81enne presidente non avrebbe ricordato alcuni dettagli, nonostante fosse apparso anche in pieno controllo della situazione.

La domanda sulla morte di Beau Biden

Inoltre, stando alla trascrizione, sarebbe stato lo stesso presidente a ricordare il giorno della morte del figlio, il 30 maggio, poi chiedendo agli assistenti: “è morto il 2015?“, per poi passare a spiegare l’impatto che la morte del figlio 46enne aveva avuto sulla sua decisione di non candidarsi alla Casa Bianca nel 2016. Un altro momento di confusione con le date avrebbe riguardato la vittoria elettorale di Donald Trump, chiedendo se fosse stato eletto nel novembre 2017. Di fronte alla correzione ha risposto: “Ah sì giusto, il 2016, va bene, allora perché qui ho il 2017?“. A questo punto i suoi legali gli avevano fatto notare che è a gennaio 2017 che lui aveva lasciato l’incarico di vicepresidente di Barack Obama.

L’entourage del presidente ritiene che la lettura integrale della trascrizione del colloquio, durato oltre 5 ore in due giorni diversi lo scorso ottobre, proprio nei giorni immediatamente successivi agli attacchi di Hamas del 7 ottobre, sosterrà l’argomento che i giudizi dati da Hur non corrispondono alla realtà e sono politicamente motivati. A Capitol Hill, Hur sembra destinato a essere attaccato da tutti i fronti: dai repubblicani, inferociti per la sua decisione di non accusare Biden, e dai democratici, per i suoi commenti poco lusinghieri sul presidente.

Leave a comment

Your email address will not be published.