Oltre due anni di trattative, di proteste, di faccia a faccia con le follie ideologiche d’impronta ambientalista. Alla fine, la direttiva europea sulle “case green” ha ottenuto l’approvazione finale, ma in versione fortunatamente riveduta e ammorbidita rispetto alle iniziali prospettive d’intervento. Oggi il Parlamento europeo ha confermato l’intesa politica raggiunta con il Consiglio a dicembre, dando così il via libera al passaggio successivo previsto: la conferma del testo da parte dei governi nazionali e la successiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, con entrata in vigore venti giorni dopo. La direttiva è stata approvata dal Parlamento in via definitiva con 370 voti favorevoli, 199 voti contrari e 46 astensioni. Gli eurodeputati dei partiti italiani di governo hanno votato contro; i gruppi politici del ‘nò sono stati Identità e democrazia ed Ecr. Il Ppe si è spaccato. Ora gli Stati membri avranno due anni di tempo per adeguarsi alla direttiva e presentare all’Ue un piano nazionale di ristrutturazione, in cui dovranno spiegare come intendono raggiungere gli obiettivi fissati dalla normativa Ue e attraverso quali tappe.
Direttiva case green, cosa cambia
Già, perché una delle principali novità del testo riveduto riguarda proprio il maggiore margine di agibilità attribuito ai singoli Stati. In un primo momento, l’ipotesi era stata infatti quella di indicare dei requisiti stringenti per i singoli edifici, non lasciando spazio ai Paesi membri per fissare degli specifici obiettivi in base alle peculiarità nazionali. Grazie alle richieste – avanzate in primis dal centrodestra italiano – di rivedere questo aspetto, la versione definitiva del testo stabilisce che i singoli Paesi dovranno definire dei piani per la riduzione dei consumi del loro patrimonio edilizio residenziale. Il 2020 è considerato l’anno zero e il 2050 l’ideale traguardo entro il quale bisognerà avere un patrimonio edilizio a zero emissioni. Nel periodo intermedio, gli Stati dovranno assicurare un miglioramento progressivo della situazione.
Edifici interessati e costi
Gli obiettivi intermedi di riduzione dei consumi per il parco edilizio degli Stati Membri saranno del 16 per cento al 2030 e del 20-22 per cento al 2035. Saranno i paesi membri a stabilire le specifiche modalità per raggiungere questi obiettivi, con un solo vincolo valido per tutti: la maggior parte delle ristrutturazioni dovranno riguardare il 43 per cento meno performante del patrimonio edilizio. Se pur mitigata e resa più ragionevole nella sua applicazione, la direttiva avrà comunque dei costi che ricadranno direttamente sui cittadini. In Italia, nello specifico, gli interventi in salsa green voluti da Bruxelles riguarderanno oltre 5 milioni di edifici, ognuno dei quali costituito da una o più unità. Secondo alcune stime del Sole24Ore, l’eco-diktat costerà da 20 a 55 mila euro per famiglia. Una cifra che spaventa e che continua a imporre riflessioni sulla sostenibilità economica della transizione targata Ue.
Stop alle vecchie caldaie
L’altro grande capitolo della direttiva riguarda lo stop ai combustibili fossili. Gli Stati avranno tempo fino al 2040 per dire addio alle caldaie a combustibili fossili, mentre dal 2025 dovranno porre fine a tutti i sussidi per le caldaie autonome. Già dal 2025, però non saranno più ammesse agevolazioni fiscali per gli impianti tradizionali, ma solo per gli ibridi, ovvero quelli che associano alla caldaia a condensazione a gas una pompa di calore. L’obbligo di installare i pannelli solari, invece, riguarderà solo i nuovi edifici pubblici e sarà progressivo, dal 2026 al 2030. Novità importanti riguardano inoltre la costruzione degli edifici: dal primo gennaio 2028 gli immobili di proprietà pubblica dovranno avere zero emissioni “in loco” di combustibili fossili. Per tutti gli altri, il vincolo scatta dal primo gennaio 2030.
L’obbligo sui pannelli solari
Gli Stati membri dovranno inoltre garantire che i nuovi edifici siano “solar-ready“, ovvero idonei a ospitare impianti fotovoltaici o solari termici sui tetti. Come già spiegato, l’installazione di impianti di energia solare diventerà infatti la norma per i nuovi edifici. Per gli edifici pubblici e non residenziali esistenti, invece, i pannelli solari dovranno essere installati gradualmente, a partire dal 2027, laddove ciò sia tecnicamente, economicamente e funzionalmente fattibile. Queste disposizioni entreranno in vigore in momenti diversi a seconda della tipologia e delle dimensioni dell’edificio.
I finanziamenti
L’articolo 15 del testo europeo dà invece indicazioni sui finanziamenti stanziati per il piano green. Saranno i Paesi membri a dover fornire finanziamenti e strumenti necessari a sostenere i piani di rinnovamento degli edifici, secondo obblighi previsti dalla stessa direttiva. Gli Stati dovranno dunque attingere ai fondi nazionali e a quelli europei già stanziati, a partire dal Pnrr, dal Fondo sociale per il clima, dai Fondi di coesione. Tutte queste linee di finanziamento dovranno essere distribuite in modo costante, così da raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni entro il 2050.