La guerra tra Israele e Hamas spacca le associazioni partigiane. C’è l’Anpi, che porta avanti una linea «pacifista», al limite dell’equidistanza. Tanto che il 2 marzo scorso sono arrivate le dimissioni del presidente dell’Anpi di Milano Roberto Cenati. Il 28 febbraio, Cenati, in un’intervista al Corriere, si era allontanato da alcune posizioni dell’Anpi. «La Palestina vive una tragedia umanitaria ma non è un genocidio». Poi le dimissioni, che hanno provocato un piccolo terremoto nei movimenti partigiani. Quelli di ispirazione azionista come la Fiap e i cattolici della Fivl e dell’Anpc, negli scorsi giorni, in una nota hanno espresso «rammarico» per la decisione di Cenati. Aggiungendo: «Cenati ha sempre lavorato per unire, mai per dividere, consapevole che solo con l’unità è possibile difendere le conquiste democratiche». E ancora: «Cenati ha fatto un’intervista molto equilibrata, non nascondendo che Israele ha fatto molti morti, ma il genocidio è una cosa diversa, altrimenti tutte le guerre sarebbero genocidio», spiega a Il Giornale Luca Aniasi, presidente della Fiap, nipote del partigiano e sindaco Aldo Aniasi. «È molto pericoloso banalizzare questo termine, se tutto è genocidio allora niente è genocidio», prosegue il presidente della Fiap. Che mette in guardia sulle possibili polemiche durante il 25 aprile: «Faremo di tutto per evitarle, dovrebbe essere una festa che unisce e non che divide». Oggi l’Anpi scenderà di nuovo in piazza a Roma, con la Cgil e altre associazioni «pacifiste». Tra le parole d’ordine c’è «impedire il genocidio», ma anche la «liberazione di ostaggi e prigionieri». Aniasi contesta anche questo slogan: «È una frase venuta male, gravissima. Grave mettere sullo stesso piano gli ostaggi presi da Hamas il 7 ottobre e dei detenuti condannati da uno Stato di diritto, in gran parte terroristi». Quindi aggiunge: «Oggi (ieri ndr) è l’8 marzo. È triste che quasi nessuno abbia ricordato le donne israeliane vittime di stupri di massa il 7 ottobre».