Una commissione parlamentare d’inchiesta sul caso dei dossier, proposta dal ministro della Giustiza Carlo Nordio. Ma anche la richiesta che già da subito in Parlamento vada a raccontare quel che sa Carlo De Benedetti, ex padrone di Repubblica e oggi editore del Domani: il quotidiano indicato dall’inchiesta di Perugia come principale canale di divulgazione dei dossier rubati dalle banche dati della Direzione nazionale antimafia dal pm Antonio Laudati e dal luogotenente della Guardia di finanza Pasquale Striano. Sono queste le due iniziative che da ieri fanno irruzione sulla vicenda del dossieraggio partito dagli uffici della Dna contro esponenti del centrodestra. Quali rapporti consentivano al Domani di ottenere decine di file riservati, con una assiduità non spiegabile con i normali rapporti tra cronista e fonte, e in cui non si riesce a capire chi manovrava chi? Questa è in sostanza la domanda che D’Attis chiede che sia rivolta all’Ingegnere e al direttore del suo giornale, Emiliano Fittipaldi.
L’Antimafia e il Copasir, il comitato che vigila sull’intelligence, potrebbero però non restare i soli a occuparsi dei dossier. Due ministri, uno davanti all’altro, in un colloquio informale ma cruciale, hanno concordato sulla esigenza di un intervento ancora più deciso del Parlamento. Uno, Guido Crosetto, titolare della Difesa, è la vittima che si è ribellata ai dossieraggi e ha fatto esplodere lo scandalo. L’altro è Carlo Nordio, che come ministro della Giustizia ha il compito di colpire i responsabili e impedire che quanto è accaduto nella Direzione nazionale antimafia abbia a ripetersi. Alla fine Crosetto e Nordio concordano su un punto: il Parlamento ha il diritto e il dovere di accertare quanto accaduto nella Dna, di scoprire i meccanismi che hanno consentito la nascita di un grumo di spiate e di malaffare.
Lla commissione parlamentare Antimafia si era già mossa nei giorni scorsi, ascoltando il capo della Dna Giovanni Melillo e il procuratore di Perugia Raffaele Cantone. Ma il lavoro della commissione – cui ieri Nordio conferma la sua piena fiducia – non basta. Serve una commissione parlamentare d’inchiesta, lo strumento straordinario che le Camere mettono in campo contro i misteri del Paese: dalla P2 alle stragi. E questo dei dossier è a tutti gli effetti un mistero nazionale su cui deve essere la politica, e non solo la magistratura, a fare luce.
A dare la notizia e a rivelare il ruolo di Crosetto è ieri a Milano Carlo Nordio, parlando a margine di una cerimonia nel «Belvedere Silvio Berlusconi», trentanovesimo piano di Palazzo Lombardia. Il ministro spiega di avere ascoltato con attenzione le audizioni di Melillo e Cantone. Ma dice anche che non gli è servito il caso della Dna per essere consapevole che lì, nei dossieraggi, nelle notizie e nelle intercettazioni fatte filtrare, sta un grumo che avvelena il sistema giudiziario: «io ho sempre denunciata questa criticità, lo faccio da vent’anni». Ora «credo che abbiamo raggiunto il punto cruciale, forse di non ritorno». Serve, conclude il ministro, una commissione parlamentare d’inchiesta «con poteri da inquirente per analizzare una volta per tutte questa deviazione che si era già rivelata gravissima ai tempi dello scandalo Palamara e che adesso è diventata ancora più seria».
Non è solo un auspicio, già lunedì il consiglio dei ministri potrebbe dare il via all’iter parlamentare, e dopo una dichiarazione impegnativa come quella di Nordio di ieri è difficile che si torni indietro. Sul suo tavolo, d’altronde, il Guardasigilli non ha solo i documenti provenienti dall’inchiesta di Perugia e pubblicati in questi giorni. Già da prima che venissero incriminati il magistrato Antonio Laudati e il luogotenente della Guardia di finanza Pasquale Striano, il ministro Nordio aveva a disposizione un documento inequivocabile, di cui solo in queste ore si è appresa l’esistenza, riferita dal procuratore nazionale Giovanni Melillo nel corso della sua audizione in Parlamento. Appena arrivato alla Dna, Melillo era rimasto talmente sconcertato dalla situazione che non si era limitato a smantellare l’ufficio – creato dal suo predecessore Federico Cafiero de Raho, oggi deputato 5Stelle – che centralizzava le Segnalazioni di operazioni sospette provenienti dalla Banca d’Italia, e a riformare radicalmente le modalità di accesso alle banche dati Sidda Sigma che le custodiscono. Aveva chiesto al ministro di ordinare una ispezione straordinaria alla Dna: l’ispezione ebbe «esiti sconfortanti», rivelando «vulnerabilità in grado di compromettere l’integrità della struttura, la confidenzialità e la disponibilità dei dai trattati». Come potè venire creata, una struttura simile? Anche a questa domanda dovrà rispondere la commissione d’inchiesta.