Dossieraggio, Meloni lancia l’allarme: “Libertà di stampa non c’entra”

Dossieraggio, Meloni lancia l'allarme: "Libertà di stampa non c'entra"

Un fatto gravissimo. La posizione del governo sul caso dossieraggio è netta ed è rappresentata in tutta la sua sostanza dal premier Giorgia Meloni e dal ministro Carlo Nordio. Il primo ministro ha sottolineato che l’utilizzo delle banche dati pubbliche per altri fini“non c’entra niente con la libertà di stampa”. Il Guardasigilli ha posto invece l’accento su un altro aspetto: si tratta di una situazione sedimentata da anni e merita una riflessione anche il dossier relativo alle intercettazioni.

“Il caso del presunto dossieraggio? Vedremo cosa ne verrà fuori, domani sentiremo anche le audizioni dei procuratori che hanno chiesto di essere auditi dalla commissione Antimafia”, ha esordito Meloni a margine dell’incontro alla Camera di Commercio del Gran Sasso d’Italia a Teramo. Il presidente del Consiglio è poi andato dritto al punto:“Io penso che sia francamente gravissimo che in Italia ci siano funzionari dello Stato che hanno passato il loro tempo a violare la legge facendo delle verifiche su cittadini, comuni e non, a loro piacimento per poi passare queste informazioni alla stampa, e particolarmente ad alcuni esponenti della stampa”. “Utilizzare così le banche dati pubbliche non c’entra niente con la libertà di stampa”, ha concluso.

Anche il ministro Nordio non ha utilizzato troppi giri di parole per soffermarsi sul caso dossieraggio. “Probabilmente essendoci un’inchiesta in corso sarebbe improprio che mi esprimessi adesso – ha detto – certamente è un fatto estremamente grave che si innesta in una situazione che si è sedimentata da anni”. Intervenuto in un punto stampa al termine del Consiglio Giustizia a Bruxelles, il Guardasigilli ha posto l’accento sull’articolo 15 della Costituzione, che considera inviolabili le comunicazioni tra persone, e ha sottolineato che“il diritto alla privacy è diventato ormai una sorta di aspirazione metafisica”. Una consapevolezza amara e allo stesso tempo preoccupante.

Un sistema di spionaggio assolutamente antitetico alla democrazia e innestato nel cuore della lotta al crimine organizzato, ossia la Procura nazionale antimafia. Nordio ha evidenziato che le stesse intercettazioni, più o meno lecite, più o meno captate in modo diverso, sono diventate quasi la regola:“Mentre l’articolo 15 della Costituzione dice che possono essere limitate soltanto in casi eccezionali. Se poi non vengono nemmeno autorizzate dall’autorità giudiziaria, ma vengono captate in modo per così dire eccentrico, allora deve intervenire la magistratura. Però secondo me deve intervenire anche il legislatore”.

Il ministro della Giustizia ha spiegato che non è suo compito anticipare dei giudizi, aggiungendo che i confini tra iniziative individuali e iniziative programmate da altri sono di difficile definizione. Potrebbe esserci una regia politica dietro allo scandalo? Nordio è cauto:“Ripeto che si tratta di una situazione estremamente grave, sulla quale vedremo gli sviluppi, ma ripeto che si inserisce in una situazione della quale i cittadini italiani non hanno preso secondo me conoscenza adeguata”.

L’ex procuratore ha precisato che l’articolo 15 della Costituzione, che tutela in modo tassativo la privacy delle comunicazioni dei cittadini, è stato ripetutamente violato in questi venti anni e nessuno è mai intervenuto. E anche quando qualcuno prova a intervenire, l’obiezione risorge:“Sotto il profilo che vogliamo favorire addirittura la mafia o le organizzazioni criminali, perchè vorremmo limitare la captazione di queste conversazioni”. Sul punto Nordio ha rincarato: “Poi si vede dove si arriva e si arriva alla situazione di oggi in cui addirittura si spia sulla vita degli altri in un modo che è offensivo per un minimo di civiltà giuridica sulla quale però adesso dovrà essere fatta luce sia da parte della magistratura sia eventualmente anche in altri luoghi”. Seguiranno aggiornamenti: in questo caso i tentativi di minimizzare non avranno alcun effetto.

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