Nel 1980 Shogun – Il signore della guerra fu un fenomeno visto da milioni di spettatori. Era l’adattamento per la tv in cinque puntate, trasmesse prima dalla Rai e poi da Mediaset, del romanzo di James Clavell che vedeva protagonista la star di Uccelli di Rovo Richard Chamberlain. Vinse sia l’Emmy che il Golden Globe per la migliore serie drammatica e poi venne condensata in una versione cinematografica di due ore, anche quella capace di fare grandi numeri al botteghino.
Ora Shogun, esotica storia di John Blackthorne, naufrago inglese che da prigioniero diventa Samurai nel Giappone medievale del XVII secolo, torna sul piccolo schermo in una versione in dieci episodi, ora su Disney +, che vede protagonisti Cosmo Jarvis nel ruolo di John Blackthorne, e Anna Sawai e Hiroyuki Sanada in quello dei principali personaggi giapponesi della storia: Lady Mariko e Yoshii Toranaga, il guerriero che scatena una guerra per diventare Shogun, ovvero capo della catena del potere locale.
Fra i produttori c’è Michaela Clavell, figlia dell’autore del romanzo che nel 1975, quando venne pubblicato, vendette 15 milioni di copie in tutto il mondo. «Il libro di mio padre è molto complesso – racconta – e il pubblico di oggi è molto più sofisticato di quello che quarant’anni fa guardava la tv. Quello che abbiamo cercato di fare dunque è un racconto che rappresenti questa complessità, che racconti maggiormente il dettaglio e il punto di vista giapponese della storia».
Per farlo è stata presa la decisione di non tradurre ma di sottotitolare i dialoghi in giapponese. «Leggendo il libro durante le prove – dice Justin Marks, showrunner insieme a Rachel Kondo – ci siamo resi conto che le differenze di linguaggio, le difficoltà di comprensione fra l’inglese Blackthorne e i suoi interlocutori giapponesi, erano parte del racconto ed anzi conferivano alla storia una nota comica che nella serie degli anni Ottanta era andata persa. Abbiamo voluto rappresentarla, in maniera moderna e anche un po’ cinica. Clavell aveva un modo brillante di vedere il mondo, una nota satirica e cinica che emerge nel romanzo e che abbiamo cercato di recuperare».
Cosmo Jarvis, che il pubblico televisivo ha conosciuto in Peaky Blinders e Raised by Wolves, racconta delle difficoltà personali e di quelle del suo personaggio: «Abbiamo imparato insieme, John Blackthorne ed io, a muoverci in quel mondo. Per farlo ho iniziato cercando di familiarizzare con la situazione geopolitica dell’Estremo oriente del Seicento. Un mondo lontano e diverso e per questo molto affascinante. Credo che sia questo il segreto di racconti come Shogun». Hiroyuki Sanada che nel 2003 è arrivato a Hollywood per interpretare accanto a Tom Cruise L’Ultimo Samurai e che ora è Toranaga, signore della guerra, è fra i produttori esecutivi della serie: «Sin da quando sono arrivato negli Stati Uniti mi è sempre stato chiesto di controllare che non ci fossero discrepanze culturali nei film di cui facevo parte, ma è sempre stato un ruolo limitato. Questa volta in qualità di produttore ho potuto assumere una squadra giapponese, specializzata nella cultura samurai.
Così costumi, parrucche, ogni dettaglio è stato curato con grande attenzione. È stata un’esperienza felice, un mix di culture che si rifletteva sul set dove appunto c’era personale occidentale e giapponese che lavorava assieme per fare arrivare al pubblico un prodotto puntuale, senza le approssimazioni e i pregiudizi culturali che spesso Hollywood ha involontariamente creato quando cercava di raccontare storie lontane. Finalmente in questa serie è sparito quell’“americacentrismo” che è stato spesso presente nelle produzioni hollywoodiane».
Però occorre cercare di non gettare il bambino con l’acqua sporca, precisa Sanada: «Anche la prima serie televisiva, poi diventata film, pur con i suoi difetti e un punto di vista occidentale ben più marcato, ha avuto un grande pregio.
Ha fatto conoscere la cultura giapponese nel mondo, ha aperto le porte dell’Oriente all’Occidente. E ora abbiamo ristoranti di sushi in ogni angolo del pianeta».