Lutto per il cinema italiano. Si è spento oggi a Roma dopo una breve malattia, all’età di 92 anni, il regista e sceneggiatore Paolo Taviani. Originario della Toscana, per la precisione di San Miniato, in provincia di Pisa, ha formato con il fratello Vittorio – scomparso nel 2018 – una coppia consolidata sulla scena internazionale e protagonista dei principali festival cinematografici. I funerali laici si svolgeranno lunedì 4 marzo presso la sala della Protomoteca dalle ore 10 alle 13.
Dopo due co-regie con il compagno partigiano Valentino Orsini, Paolo Taviani e il fratello Paolo iniziarono la loro carriera nel mondo del cinema alla fine degli anni Sessanta con “I sovversivi” e “Sotto il segno dello scorpione”. Interpreti di un cinema impegnato, soprattutto nella seconda fase della loro carriera, i due fratelli toscani raccolsero il plauso della critica internazionale tra gli anni Settanta e Ottanta per pellicole come “Allonsanfàn” del 1974, “La notte di San Lorenzo” del 1982 e “Kaos” del 1984, ispirato alle novelle di Luigi Pirandello. Nel 1978 il successo al Festival di Cannes (Palma d’Oro e Premio della Critica) con “Padre padrone”, tratto dall’omonimo romanzo di Gavino Ledda.
Cinema di alto livello anche nella fase finale della carriera dei due fratelli. Nel 2012 il dramma carceraio “Cesare deve morire” vinse l’Orso d’oro al Festival di Berlino e i due maggiori premi ai David di Donatello, quelli di miglior film e di migliore regista. Nel 2015 i fratelli sono tornati alla regia con “Maraviglioso Boccaccio”, liberamente ispirato al Decamerone, cui ha fatto seguito nel 2017 “Una questione privata”. Nel mezzo il David di Donatello Speciale per il 60° anniversario della cerimonia. Dopo la morte del fratello Vittorio, Paolo nel 2022 ha scritto e diretto “Leonora addio”, presentato alla Berlinale.
Tanti i messaggi di cordoglio per la scomparsa del regista toscano. Così lo ha ricordato Giancarlo Giannini: “Sono davvero molto dispiaciuto. Avevo lavorato con lui al doppiaggio di un film, ‘Le Affinità Elettivè. Lo ricordo non solo come un regista che ha fatto dei film bellissimi insieme al fratello Vittorio, ma anche come una persona di rara gentilezza”.
“Era stato dimesso da poco, doveva incominciare a fare un film, era pieno di entusiasmo, io lo caricavo perché per lui, come per me, il lavoro era la vita, non ci sono alternative”, il ricordo di Pupi Avati: “Erano telefonate nella prospettiva del futuro malgrado l’età che lui aveva. Voleva fare un film importante con le energie che gli stavano tornando. Forse chiamava me per questo, perché fra i colleghi ero quello più vicino a lui anagraficamente. Ho la sensazione che ci volessimo proprio bene, che ci confidassimo a livelli molto intimi e personali come prima non era mai accaduto”.