“Troppa ideologia in questa Europa green”

"Troppa ideologia in questa Europa green"

Le sfide geopolitiche ed economiche dell’Europa al voto. Gli scenari all’orizzonte, tra opportunità e insidie. Alla vigilia delle elezioni che ridisegneranno gli equilibri nel Vecchio Continente, IlGiornale inaugura le celebrazioni per i propri 50 anni con un prestigioso evento dedicato all’attualità: “100 giorni alle elezioni – Il futuro dell’Europa“. Al Circolo Filologico Milanese inizia una mattinata densa di dibattiti e di ospiti, a cominciare dai grandi protagonisti dell’impresa. Proprio alla riscoperta economica dell’Europa è dedicato infatti il primo panel, condotto dal vicedirettore de IlGiornale Nicola Porro. Sul palco, pronti a confrontarsi, Marco Hannapel (Presidente e AD Philip Morris Italia), Gregorio De Felice (Head of Research and Chief Economist, Intesa Sanpaolo) ed Ettore Prandini (Presidente Coldiretti).

Nel corso di questa mattinata parleremo del tempo che stiamo vivendo, è il nostro mestiere“, dice il direttore Sallusti, inaugurando l’evento. E la palla passa subito al vicedirettore Nicola Porro per l’avvio del primo panel. Focus sulle direttive Ue e in particolare sulla più recente, riguardante il Ripristino della Natura. “Soprattutto da parte di questa Commissione Ue c’è stato uno scontro di carattere ideologico tra l’agricoltura e l’ambiente. Dicono che l’agricoltore è nemico del territorio, ma è vero l’opposto: è un manutentore della natura. Se noi seguiamo questa ideologia, l’ambiente ne subirà le conseguenze“, afferma Prandini di Coldiretti. E subito di entra nel vivo della discussione. La protesta dei trattori? “Come Coldiretti abbiamo detto che le nostre proteste vanno fatte a Bruxelles, perché là si decide e là dobbiamo concentrarci per cambiare il 90% dei regolamenti che influiscono sul nostro Paese“.

Parola a Gregorio De Felice di Intesa San Paolo con un passaggio sulla riforma del patto di Stabilità. “Si è introdotto il concetto che per ridurre il debito non servono misure di austerità molto severe, ma misure socialmente accettabili. La riforma del patto però non ha risolto il grande obiettivo che l’Europa dichiara, ovvero mettere insieme la stabilità finanziaria con le sfide dell’invecchiamento della popolazione, della difesa comune, della transizione climatica e digitale“. Marco Hannapel, Presidente e AD Philip Morris Italia, accende invece i riflettori sullo sviluppo industriale che nasce dall’agricoltura, come nel caso di Philp Morris. “Operiamo con mille aziende di Coldiretti con un accordo innovativo, il coltivatore di tabacco interloquisce direttamente con la multinazionale e i nostri accordi riguardano anche la tutela dell’ambiente. Come sistema Paese abbiamo giocato di squadra e i nostri investimenti hanno prodotto posti di lavoro. Le multinazionali sono di tre tipi: quelle che non fanno parte di nessuna filiera locale e non sono buone, poi abbiamo le multinazionali che vengono a fare ‘shopping’ di marchi in Italia ma così non si generano posti di lavoro addizionali. E poi ci sono multinazionali come noi, che facciamo cose ex novo, investiamo e lavoriamo sul lungo periodo. Con i nostri agricoltori pianifichiamo a cinque anni. La nostra fabbrica a Bologna ha creato mezzo Pil nazionale. Si tratta di una giga-factory che in sette anni e due mesi ha creato uno sviluppo importante”.

Il dibattito torna quindi sull’agricoltura e sugli eco-diktat dell’Europa. Prandini: “Il ripristino della Natura all’origine prevedeva addirittura che il 10% dei terreni fertili venisse riportato a una condizione storica. Per fortuna questo lo abbiamo accantonato. Ma ora non si potranno più fare argini ai fiumi, questo è assurdo perché noi dovremmo lavorare all’opposto soprattutto pensando alle alluvioni che abbiamo vissuto nel 2023. Se non si fa la manutenzione dei corsi d’acqua, ecco cosa purtroppo succede al di là del danno economico“. E ancora: l’elemento più grave? “Si insiste sul fatto che l’uomo sia nemico dell’ambiente e se oggi un agricoltore taglia una pianta pericolante sull’argine di un fiume viene sanzionato“. Porro provoca: “A Bruxelles non hanno una conoscenza della realtà o hanno un interesse?“. Prandini: “Nell’ultima legislatura Ue la spinta ideologica del finto ambientalismo ha prevalso sul buonsenso. Penso anche al tema del packaging, oggi c’è la proposta del riuso ma i Paesi che hanno investito di più sul riciclo o sulla raccolta differenziata, come il nostro, sono penalizzati“.

Poi l’ulteriore passaggio sul voto: “Dobbiamo scegliere persone qualificate, non mandare persone che non hanno trovato soddisfazione a livello nazionale. Io esalto l’Italia e amo questo Paese ma la Francia ci può insegnare una cosa: hanno una scuola per i rappresentanti che sforna rappresentanti di livello. E dico che è arrivata la stagione in cui il tema dell’internazionalizzazione non abbia senso d’essere discusso a livello regionale. Serve un’azione nazionale per i nostri settori produttivi come l’hanno altri Paesi“. De Felice di Intesa San Paolo: “Ha centrato il punto. Noi dobbiamo mettere al centro della campagna elettorale per le europee i temi dell’Europa, non la politica interna“. E poi sui grandi temi, torna ai temi della difesa comune, della transizione economica e digitale. “Sui temi nazionali dove possiamo trovare le risorse? Lavoriamo sull’evasione e forse mettiamo il freno a un certo tipo di spesa previdenziale. I temi dell’Europa? Next Generation Eu è una bella idea, è un giusto modello di finanziamento“.

Domanda di Porro: è sconfitta l’inflazione? “Siamo all’ultimo miglio perché la battaglia possa dirsi conclusa“, risponde De Felice. Parola ad Hannapel. “Noi cerchiamo una visione di medio periodo per fare investimenti, l’Italia negli ultimi cinque anni ha avuto quattro governi. Quindi chiediamo stabilità. L’Europa ha un ruolo molto importante per le multinazionali, c’è bisogno di un pensiero di medio-lungo periodo anche su questo fronte. La presidienza Sanchez aveva messo al primo punto la reindustrializzazione dell’Europa ma non ho visto grandi progetti; per recuperare competitività l’Europa deve ragionate come sistema“. E infine: “Se l’Europa non ritrova la propria centralità, ci rimettono sia l’Europa sia l’Italia“.

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