Il voto in Sardegna, regione con poco più di un milione e mezzo di abitanti, la metà della sola Napoli, apre il confronto nella coalizione di centrodestra. La Lega fa filtrare: «Quella di Paolo Truzzu è una sconfitta salutare per Giorgia Meloni». Il messaggio è chiaro: «Non si ripeta lo stesso errore in Veneto». E dunque, il Carroccio chiede subito di approvare la legge sul terzo mandato per dare la possibilità all’uscente Luca Zaia di ripresentarsi alla guida della coalizione di centrodestra. Per i fedelissimi del vicepremier Matteo Salvini è stato «un errore non ricandidare l’uscente Christian Solinas». Una chiave di lettura la fornisce al Giornale un deputato di Fi: «Con Solinas non c’era alcuna chance di vittoria, ora però la sconfitta se l’è caricata tutta Meloni».
Il bersaglio dell’analisi post voto è Fratelli d’Italia che però rimanda le cause della sconfitta «ai capricci della Lega». C’è poi tutto il capitolo dei numeri. Che ora gli alleati del centrodestra analizzeranno con calma. Fratelli d’Italia si attesa al 13,8: un dato che però va letto insieme ai voti conquistati dalle civiche del presidente Truzzu (Riformatori Sardi al 6,8 e Alleanza Sardegna al 4,7). Forza Italia resta in quota con il 7,8. Anche il dato della Lega va letto in controluce. Lega Salvini per la Sardegna si ferma al 3,6 ma va calcolato anche il risultato ottenuto dalla lista del Partito Sardo d’Azione che arriva al 5,4%. In vista delle Europee Salvini ha stretto l’intesa con l’Udc di Cesa che in Sardegna raccoglie il 2,9.
Come nel day after di tutte le sconfitte scatta il rimpallo di responsabilità. FI e Fdi accusano gli alleati del Carroccio di scarso impegno e di aver favorito il voto disgiunto. Dal fronte salviniano negano e rimandano al mittente le accuse. In effetti il dato sul voto disgiunto è chiaro. Il meccanismo, che consente all’elettore di esprimersi per un candidato non collegato alla coalizione o alla lista prescelta, ha penalizzato pesantemente il meloniano Truzzu: le sue liste superano il 49%, mentre il candidato presidente é al 45,3% (1.139 sezioni scrutinate su 1.844). Lo scarto di circa quattro punti fra candidato presidente e la sua coalizione é una costante della storia elettorale del centrodestra in Sardegna.
Ad aprire il valzer delle polemiche nella maggioranza è il deputato meloniano sardo Salvatore Deidda che mette nel mirino il governatore leghista uscente: Paghiamo il fatto che «forse in cinque anni non abbiamo governato proprio brillantemente, mi aspettavo questo risultato a Cagliari, anche che questa sfida non fosse una passeggiata, nonostante il governo stia andando molto bene e un anno fa si sia vinto alle politiche, sapevo che la regione, soprattutto in Sardegna, si gioca su tematiche prettamente locali». Invita alla riflessione il capogruppo Fi al Senato Maurizio Gasparri: «Sarebbe un errore sottovalutare segnali del territorio perché ogni elezione è importante e non sarei drastico nelle conclusioni anche se fossero negative. Poi, inviterei la controparte a non trarne conclusioni affrettate. Secondo me ci può essere un giudizio sull’amministrazione locale, non c’é un giudizio che riguarda un dato generale che vede il centrodestra governare saldamente per l’intera legislatura». Allontana ripercussioni sul governo il leader di Fi Antonio Tajani: «Negli equilibri dei partiti della maggioranza non cambia nulla. Siamo tutti calmissimi, Nessuno é nervoso. Siamo serafici». Si infila nel dibattito Giovanni Toti, governatore della Liguria, che potrebbe beneficiare ora di un’eventuale via libera al tris: «Rilevo una sola cosa, studiando un po’ i numeri: come sostengo da molto tempo, i numeri delle elezioni amministrative, regionali e comunali, e i numeri nazionali sia per quanto riguarda il consenso dei singoli partiti sia gli equilibri tra coalizioni, hanno molte variabili che dipendono dai candidati, dalla situazione, dall’amministrazione in campo, da sensibilità territoriali particolari, da spostamenti dell’opinione pubblica che non sempre si comporta allo stesso modo. E di questo credo si debba tenere conto, territorio per territorio», dice Toti. Maurizio Lupi non vede alcun contraccolpo per l’esecutivo ma invita: «Il voto non avrà ripercussioni sul governo e sulla maggioranza, ma potrà essere utile spunto di riflessione».