Continuano le polemiche su quanto accaduto a Pisa e a Firenze, dove i manifestanti sono entrati a contatto con le forze dell’ordine. Nel capoluogo di regione, ha spiegato Piantedosi, “non hanno collaborato cercando di deviare dal percorso concordato con la questura, cercando di andare ad assaltare un obiettivo sensibile“. Nel capoluogo provinciale, invece, “non c’è stato neanche un preavviso e c’è stata una volontà di sottrarsi ad ogni forma di coordinamento“. Verranno accertate le responsabilità dei singoli ma gli agenti non possono e non devono essere coinvolti nell’agone politico. Questo il ragionamento del ministro dell’Interno, prima che a Quarta Repubblica il professor Angelo D’Orsi aizzasse il fuoco con nuove accuse, alle quali si è sentito in dovere di rispondere Valter Mazzetti, segretario generale del sindacato Fsp-Polizia di Stato.
“Nel mio libro, che uscì nel 1972, raccontavo la vita infame dei poliziotti, con stipendi da fame e le cose non sono molto cambiate. Il che non toglie che quando io vedo anche queste scene (riferendosi agli scontri di Pisa, ndr), quando vedo il poliziotto che manganella con il piacere di farlo, due cose mi vengono in mente. Uno, che in quel manganello c’è una sorta di rivalsa sociale, quasi di invidia: tu sei un privilegiato, stai studiando, io sto qui a farmi massacrare. La seconda è che tanto sovente quei poliziotti, e me lo dicevano nelle interviste che facevo tra il 1969 e il 1972, hanno assunto delle droghe, delle sostanze, per reggere“, ha riferito il professore. Parole alle quali, già in diretta, aveva ribattutto Alessandro Griesi, coordinatore nazionale dei reparti mobili per il sindacato Fsp, ma alle quali ha voluto dare seguito anche il segretario generale.
“Ieri sera in tv, da ultimo, abbiamo ascoltato quello che secondo noi era un vero distillato di odio nelle farneticanti parole di chi ha fatto riferimento a poliziotti che prima di andare in piazza si drogano, o che sono felici di manganellare o che lo fanno per una rivalsa nei confronti di chi studia per un presunto senso di frustrazione“, ha dichiarato Mazzetti, che nel suo intervento ha ricordato come “quando si usano parole rischiose e fuorvianti che evocano l’abuso della violenza da parte delle Forze dell’ordine non si fa che alimentare un circuito perverso in cui tutti siamo meno al sicuro“. E questo cortocircuito diventa uno strumento di propaganda, “si consegnano ai giovani, nessuna meraviglia che sia diffusa l’idea di poter fare tutto quel che si vuole e che i poliziotti siano nemici da abbattere“.