Tregua, ore decisive. L’Anp prepara il dopo

Tregua, ore decisive. L'Anp prepara il dopo

Hamas deve «ridurre le sue richieste deliranti per tornare alla realtà», arrivare «a una situazione ragionevole» per approdare a un accordo su ostaggi, tregua, detenuti palestinesi e ricostruzione di Gaza. Il primo ministro Benjamin Netanyahu non entra nei dettagli della trattativa e non si sbilancia sul suo esito, ma lancia un chiaro messaggio ai terroristi di Gaza in un’intervista alla Cbs, mentre i colloqui sono ripartiti a Doha, in Qatar, fra «esperti» provenienti da Israele, Stati Uniti, Egitto e Qatar, reduci da Parigi dove è stata trovata una bozza di intesa, e Hamas, che tratta attraverso la mediazione egiziana e qatarina. Poi ci si sposterà al Cairo. «Il quadro generale dell’accordo c’è», ha confermato il consigliere per la Sicurezza nazionale statunitense Jave Sullivan, e la proposta sarà trasmessa a Hamas per una valutazione. Gli Usa sperano che si possa finalizzare «nei prossimi giorni». Ma per arrivare alla prevista prima pausa di 6 settimane nei combattimenti nella Striscia di Gaza e al rilascio dei primi 40 rapiti israeliani sui 134 in mano agli islamisti, bisogna ancora lavorare sul numero e sul «peso» dei detenuti palestinesi da scarcerare in cambio e anche sulla ricostruzione di Gaza, di cui Israele intende parlare solo dopo «la demilitarizzazione» della Striscia. Una fonte «importante» di Hamas citata da Al Jazeeera frena gli entusiasmi – in un prevedibile gioco delle parti – sostenendo che l’ottimismo di queste ore non riflette la realtà.

Dal canto suo Netanyahu, che in patria è al centro di contestazioni foriere degli scontri di piazza più accesi finora, ha spiegato che una volta iniziata l’operazione militare a Rafah, ci mancheranno solo «settimane alla vittoria totale», lasciando intendere che non desisterà dalla decisione di una potente offensiva sulla città. Il premier ha incontrato il suo staff per mettere a punto sia i piani di evacuazione dell’area, dove sono ammassati un milione e mezzo di palestinesi, sia l’operazione per sradicare gli ultimi 4 battaglioni di Hamas in città. Non fanno breccia gli appelli a evitare un’offensiva, ultimo quello del Re Abdallah di Giordania, che ad Amman ha incontrato il leader dell’Anp Abu Mazen e avvertito di come «la continuazione della guerra durante il Ramadan potrebbe portare a un’espansione del conflitto». Un rischio che si corre anche in caso di tregua, secondo il ministro della difesa israeliano Gallant, che stanco dei lanci di missili di Hezbollah ha avvertito: se si arriverà a una sospensione della battaglia a Gaza, aumenteremo gli attacchi dal nord di Israele.

In attesa dei prossimi sviluppi (tregua sì o no), mentre l’esercito israeliano continua pesanti combattimenti a Khan Yunis, nel sud, e annuncia che il sergente Oz Daniel, è stato rapito e insieme ucciso il 7 ottobre, (portando a 33 il numero degli ostaggi deceduti), cominciano i movimenti per la gestione del dopo-guerra. Dopo il piano presentato da Netanyahu, una fonte palestinese ha riferito a Sky News Arabia che il governo del premier dell’Autorità Palestinese Mohammed Shtayyeh potrebbe dimettersi a breve per favorire un nuovo governo palestinese di tecnici entro fine settimana. Indiscrezioni che rafforzerebbero le notizie secondo cui Hamas avrebbe accettato la formazione di un governo tecnico la cui missione è ricostruire Gaza e ripristinare la sicurezza dopo la guerra. E che fra i nomi più quotati per l’incarico di formare un governo c’è quello del capo del Palestine Investment Fund, Muhammad Mustafa.

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