Ogni volta che si verificano scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, queste ultime diventano i lupi cattivi che danno la caccia agli agnelli senza peccato. La verità è molto diversa e la raccontano i numerosi agenti che, nonostante vengano mandati in piazza con tutte le protezioni del caso, escono feriti dagli scontri. Ma come si è arrivati a questo odio incondizionato nei confronti delle forze dell’ordine? Non che in passato non ci siano state frange di violenti con viscerale disprezzo nei confronti delle divise, come dimostra la lunga serie di agenti caduti negli Anni di piombo. Ma qualcosa è cambiato di recente grazie ai nuovi e migliori strumenti di diffusione e di connessione, che rendono più capillare il tam-tam, non più su scala locale ma nazionale.
L’odio corre in rete e non è solo un modo di dire. Leggere che dai profili dei «Giovani di sinistra» le forze dell’ordine che sono intervenute a Pisa per proteggere gli obiettivi sensibili vengono definite come «una banda di squadristi in tenuta antisommossa» fa riflettere su quelli che sono i registri linguistici che vengono adoperati per alimentare l’avversione violenta.
C’è, poi, il sedicente «Osservatorio repressione», faro per i centri sociali e gli anarchici italiani, che invoca l’abolizione delle forze dell’ordine, cerca ragionamenti per «andare oltre la semplice critica della polizia per porvi finalmente fine». E si arriva dalle parti di «Potere al popolo», che crea una connessione tra le istituzioni e la polizia, lasciando intendere che sugli scontri di Pisa ci sia stata la mano lunga dei «piani alti» che ha ordinato quella che definiscono «repressione».
Ma c’è anche un altro elemento che non può sfuggire nel tam tam mediatico, come da esempio del messaggio condiviso da «No41Bis», in cui si sottolinea che «le forze di polizia hanno caricato violentemente la manifestazione studentesca: i giovani delle scuole». Ma, ovviamente, si omette la presenza dei soliti infiltrati ben più adulti degli adolescenti che gli stessi aizzano.
Il tam tam si muove a diversi livelli e «Potere al popolo» può essere considerato il «maestro» degli studenti comunisti di «Osa» e di «Cambiare rotta», che erano lì in prima fila a Pisa a spintonare gli agenti. Ma che sono presenti un po’ ovunque ci sia una manifestazione che, non per caso, finisce con degli scontri. Mentre la prima è una organizzazione politica adulta, le altre due sono formate da studenti (anche se fuori corso) universitari con infiltrazioni anche nei licei di tutta Italia. E come se fossero vasi comunicanti, i messaggi che vengono mandati sono sempre molto simili ma raggiungono un pubblico molto diverso. Nel caso di «Osa» e «Cambiare rotta» è composto soprattutto da giovanissimi, come quelli che si stanno organizzando per occupare un liceo per due giorni, perché «un punto molto importante e più attuale di tutti è lo stop ai manganelli dopo Pisa e Firenze. Su quello possiamo fare moltissima leva e giustifica l’occupazione anche ai più ciechi».
I collettivi rossi liceali, nel tam-tam dell’odio, svolgono un ruolo fondamentale per fomentare gli animi degli adolescenti, maggiormente influenzabili e con un pensiero ancora in formazione. «Contro Stato e Polizia. Stop repressione», scrive il «Collettivo politico Manzoni», organizzazione con stampo di estrema sinistra dell’omonimo liceo di Milano, composto per lo più da minorenni. Le immagini della carica di polizia stanno facendo il giro delle chat e dei gruppi studenteschi, scatenando nei ragazzini quella rabbia utile ai «burattinai», ai «professionisti del disordine» che continuano ad accendere fuochi per fini eversivi.