Una confessione a cuore aperto quella che è venuta fuori dall’ampia intervista rilasciata al Corriere della Sera dall’ex attrice e parlamentare italiana Alessandra Mussolini. Un fiume in piena, con aneddoti e curiosità e un rammarico faticoso da nascondere: l’abbandono forzato al vero amore della sua vita, il cinema. “L’ho lasciato perché non mi prendevano mai”, ha detto la nipote del Duce. “Dopo ogni provino le risposte erano: troppo bella, troppo brutta, troppo alta, troppo magra, occhi troppo chiari. Il vero troppo – ha spiegato Mussolini – forse era il cognome”. Eppure, le sue esperienze importanti sul set le ha fatte, con registi e attori del calibro di Ettore Scola e Alberto Sordi.
Il libro
L’ex parlamentare di destra, che ha una laurea in Medicina, ha raccontato la sua vita nel libro, appena uscito, Il gioco del buio, edito da Minerva. L’autrice rivela per la prima volta, attraverso gli occhi di una bambina, i difficili rapporti familiari tra le figure più importanti della sua vita, le cui storie hanno come sfondo l’amore, spesso tradito, che sfidano il tempo senza mai arrendersi, senza mai smettere di lottare contro l’ineluttabilità del destino. Il cinema ha un ruolo centrale nel lavoro editoriale della Mussolini. “Dino Risi me lo disse in faccia. ‘Tu vuoi fare il cinema con quegli occhi che ricordano tuo nonno? Almeno cambiati il cognome!’ – ha raccontato -. Mi suggerì di farmi chiamare Alessandra Zero”. La riposta della nipote del Duce fu lapidaria: “Col ca…! Che poi, se pure mi fossi cambiata il cognome, non sarebbe cambiato nulla. Avrebbero detto ‘guarda ‘sta vigliacca, pure il nome si cambia”.
Gli studi
I dubbi dei cineasti sul nome ingombrante dell’aspirante attrice hanno quindi avuto un peso determinante nelle sue scelte di vita. Alessandra Mussolini, chiuso con il cinema, si iscrisse alla facoltà di Lettere, “dove però c’erano sempre troppo casini e troppe manifestazioni”. Passò quindi a Medicina, dove ha concluso brillantemente gli studi. “Mi sono laureata nel 1994 e ancora oggi pago la quota all’ordine dei medici. Dopo il master in angiologia – ha rivelato – capitava che un paziente aprisse gli occhi dopo un ecodoppler dei tronchi sovraortici, guardasse verso di me e dicesse: ‘La Mussolini qui? Che è, una candid camera?’. Non c’era speranza”.
L’esperienza politica
Maggiori soddisfazioni sono arrivate dall’impegno politico. “Il Movimento sociale mi mandò a sfidare Bassolino a Napoli e fu un successo incredibile. Io e Bassolino arrivammo al ballottaggio lasciando fuori la vecchia Dc”. La storia la conoscono un po’ tutti, vince Bassolino.“Lo adoravo – ha evidenziato Alessandra Mussolini – avevamo molte cose in comune. Fosse stato possibile, avrei costruito una grande coalizione con lui in consiglio comunale. Adesso si parla tanto di fluidità; politicamente ero fluida già all’epoca”. Poi, le esperienze in Parlamento, con un obiettivo preciso: tutelare i diritti delle donne.
La famiglia
Infine, il capitolo familiare, quello più delicato e scottante, con il padre Romano Mussolini, jazzista, che tradiva la mamma Maria Scicolone, a sua volta protagonista di una storia difficile, riconosciuta solo dietro pagamento di una somma messa a disposizione dalla zia Sophia Loren con il cachet di Quo Vadis. “Riccardo Scicolone, di cui mia nonna era stata amante – ha spiegato l’ex parlamentare – aveva riconosciuto zia Sophia, dandole il suo cognome, ma non mia mamma, che infatti portava il cognome di nonna, Villani. Lo pagarono per dare il cognome anche a mia madre”.
I tradimenti
Ma le cose in casa tra il papà Romano e la mamma Maria non andavano per il verso giusto. “Violenza fisica non ce n’era, ma così era forse persino peggio. A casa erano litigi continui, senza sosta. Partivano dalla cucina e arrivavano in sala da pranzo, innescati spesso da nonna Romilda che attaccava mia mamma. Tanto nonna aveva costruito con zia Sophia, quanto poi ha distrutto con mia mamma”, ha dichiarato Alessandra Mussolini, che ha aggiunto: “Nonna, che era stata musicista anche lei, beccava i tradimenti del mio papà e li riferiva perfidamente a mia madre. Mamma se la prendeva con papà. Papà faceva quello che fanno gli uomini di solito: negava, negava, negava. Magari era domenica, nonna per dispetto versava mestolate di ragù bollente nei piatti e lanciava cotolette che friggeva fino a farle diventare pietre”.
I ricordi felici
Pochi i ricordi felici, “due o tre al massimo. Una giornata al luna park dell’Eur, una domenica nel lettone a guardare Stanlio e Ollio in pigiama tutti assieme, più il gioco del buio che dà il titolo al libro, che facevamo con mio papà nella piccola casa in cui abitavamo”.