Continua ad essere altissima la tensione tra Israele e Hamas. Il gruppo filo palestinese ha appena respinto la decisione del governo israeliano di limitare, durante il Ramadan, l’accesso alla spianata delle Moschee. “Chiediamo al nostro popolo nei territori occupati, a Gerusalemme e in Cisgiordania, di respingere la decisione sionista, di mobilitarsi e di recarsi nella moschea di Al-Aqsa“, si legge in un messaggio, ripreso dai media arabi. Ricordiamo che, nelle scorse ore, il premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva accettato la richiesta del ministro della Sicurezza nazionale e leader di estrema destra, Itamar Ben Gvir, di limitare l’accesso degli arabo-israeliani nel citato luogo, nonostante il parere contrario dello Shin Bet. L’intelligence interna ritiene infatti che una tale mossa potrebbe infiammare ulteriormente la situazione. Cosa che, a quanto pare, sta lentamente avvenendo.
La risposta di Hamas
Hamas non ha usato mezzi termini nel definire “decisione criminale” la proposta avallata da parte “del ministro estremista Ben-Gvir” di Israele di “limitare l’accesso dei palestinesi nella moschea di Al-Aqsa durante il Ramadan“. La chiusura della Spianata delle Moschee ai palestinesi promuove, sostiene lo stesso gruppo in un comunicato, “la criminalità sionista e la guerra religiosa condotta dal gruppo di coloni estremisti del governo di occupazione terroristico contro il nostro popolo palestinese e la violazione della libertà di culto nella benedetta Al-Aqsa Moschea“.
Per questo motivo Hamas chiede “al nostro popolo palestinese nei Territori occupati, ad Al-Quds (Gerusalemme, ndr) e nella Cisgiordania occupata, di respingere questa decisione criminale, di resistere all’arroganza dell’occupazione” e di “mobilitarsi, recarsi e stazionare nella benedetta Moschea di Al-Aqsa“. Inoltre Hamas avverte Israele che “qualsiasi danno alla Moschea di Al-Aqsa o alla libertà di culto in essa contenuta non passerà senza conseguenze” e annuncia una “benedetta intifada ed esplosione di fronte all’ingiustizia, all’arroganza e all’aggressione“.
La guerra continua
Nel frattempo lo sfondo delle polemiche verbali tra le parti coincide con una guerra che non accenna a fermarsi. L’agenzia stampa palestinese Wafa ha parlato di decine di civili uccisi e feriti nella notte durante un bombardamento della Striscia di Gaza da parte dell’esercito israeliano. Fonti mediche hanno riferito che più di 70 civili sono stati uccisi e altri, soprattutto bambini e donne, sono rimasti feriti negli attacchi aerei e di artiglieria israeliani contro aree del campo profughi di Nuseirat, nell’area di Zuwaida e nella città di Deir al-Balah.
Da quanto emerso, poi, i corpi di 16 persone sono stati portati negli ospedali in seguito all’attacco israeliano a Khan Yunis nel sud della Striscia di Gaza. Cinque corpi, la maggior parte dei quali bambini, sono stati recuperati sotto le macerie in seguito ad un nuovo bombardamento israeliano del nord della Striscia di Gaza. I bombardamenti israeliani hanno preso di mira anche i quartieri di Shujàiyya, Zeitoun, Tel al-Hawa e Sheikh Ijlin a Gaza City.
In ogni caso, Hamas sostiene che Tel Aviv non sarebbe ancora riuscito a raggiungere i leader del gruppo e che “le informazioni fabbricate dall’occupazione mirano a risollevare il morale crollato del suo esercito e della sua entità“. Hamas accusa Israele di “fabbricare informazioni sulla leadership del movimento e su Mujahid Sinwar“. Parlando del ministro della Difesa israeliano Galant, invece, il gruppo fa sapere che “le sue dichiarazioni sui disaccordi all’interno della leadership del movimento e sulla ricerca di un’alternativa a Sinwar sono discorsi vuoti“. Accanto ad una guerra fatta con bombe e missili c’è dunque anche una guerra psicologica.