«L’Italia è un Paese con un alto debito e se crescesse il Pil, questo sarebbe più tollerabile ma un Paese cresce quando nascono i bambini, l’invecchiamento progressivo della popolazione significa in prospettiva meno lavoratori in grado di sostenere il sistema pensionistico e dell’assistenza». L’avvertimento del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, a Sassari è stato preso in parola dai suoi vice. Maurizio Leo e Maria Teresa Bellucci, al termine di un incontro con il presidente del Forum delle associazioni familiari, Adriano Bordignon, si sono detti disponibili a istituire a breve un tavolo tecnico interministeriale sulla riforma dell’Isee. In cima alle richieste avanzate c’è l’esclusione della prima casa dal computo dell’indicatore in quanto l’incidenza sul reddito è notevole. La piattaforma comprende anche l’esclusione dell’assegno unico dall’indicatore in quanto, ha spiegato Bordignon, preclude o rende meno vantaggioso alle famiglie l’accesso a molte misure: dalle agevolazioni sulle tasse universitarie, a quelle per le scuole dell’infanzia, la mensa o lo scuolabus fino al bonus libri.
Lo scopo dichiarato del Forum delle associazioni familiari è promuovere politiche di sostegno alla natalità, un obiettivo che si incrocia con quelli che sono gli intendimenti del governo Meloni. Il nodo, tuttavia, è la sostenibilità finanziaria di ciascuna misura. Basti pensare solo alla novità introdotta dalla legge di Bilancio 2024: l’esclusione dei titoli di Stato (ma anche dei libretti postali e dei buoni fruttiferi) fino a 50mila euro dal computo dell’Isee. L’Inps ha chiarito che l’entrata in vigore di questa disposizione non è immediata in quanto subordinata all’approvazione delle modifiche al regolamento sulla disciplina dell’Isee.
Resta, pertanto, immutata la disciplina dell’indicatore relativa al patrimonio mobiliare con l’obbligo di indicare nella Dichiarazione sostitutiva unica (Dsu) presentata da gennaio 2024 tutti i rapporti finanziari in possesso delle famiglie al 31 dicembre 2022. Al di là della burocrazia c’è anche il costo della misura che la relazione tecnica della manovra stima in 44 milioni di euro a partire dal 2024 in quanto la distribuzione del possesso dei titoli di Stato per fasce di reddito agevolate si concentra sui percentili più alti, quelli che usufruiscono meno delle agevolazioni. L’effetto, dunque, è contenuto.
Tutt’altro discorso sarebbe quello relativo alla prima casa. In primo luogo perché oltre il 70% degli italiani è proprietario di almeno un immobile. In secondo luogo perché le due fasce più rappresentate tra i proprietari sono i lavoratori dipendenti e i pensionati, entrambe con un’incidenza superiore al 40%. Considerato che i 31-50enni, ossia i genitori, e gli over 65 sono tra i maggiori fruitori di provvidenze pubbliche, l’esclusione della prima casa dall’Isee non può rappresentare il solo parametro per allargare l’accesso agli sgravi.
Non a caso il Forum delle associazioni familiari aveva proposto durante l’iter parlamentare della manovra di rafforzare l’assegno unico sia aumentando la quota minima di 54 euro al mese per figlio che recuperando gli 1,5 miliardi che si stima non siano stati distribuiti nel 2023. Insomma i sussidi alla genitorialità sono necessari in quanto, sulla base dei dati Istat rielaborati dall’Università di Verona, il costo mensile di mantenimento di un figlio è di 530 euro da zero a 5 anni e di 390 euro da 6 a 18 anni. Crescere un bambino costa 100mila euro. Non si può, tuttavia, sottovalutare l’impegno dell’esecutivo in quanto la manovra 2024 tra taglio del cuneo, riforma Irpef, bonus mamme e altri sgravi destina alle famiglie 16,4 miliardi di euro, soprattutto ai redditi bassi. Un impegno gravoso ma che andrà rafforzato se si vuole evitare che la popolazione italiana nel 2080 si riduca a soli 45 milioni di unità.