“5 portaerei nel Pacifico”: cosa svela l’avvertimento Usa alla Cina

"5 portaerei nel Pacifico": cosa svela l'avvertimento Usa alla Cina

Gli Stati Uniti hanno intenzione di incrementare la loro potenza navale nei mari dell’Asia schierando cinque portaerei nel Pacifico Occidentale. Con questa mossa, da concretizzare nel corso del 2024, Washington intende inviare un segnale ai suoi alleati regionali, rassicurandoli sul fatto di voler restare impegnata nell’Indo-Pacifico nonostante le crisi in Ucraina e in Medio Oriente, ma anche lanciare un chiaro avvertimento ai suoi rivali, come Cina e Corea del Nord. Se così dovesse essere, l’amministrazione Biden finirebbe con lo schierare in loco quasi la metà delle portaerei a disposizione del Paese.

Gli Usa e il gioco delle portaerei

Al momento tre portaerei statunitensi sono operative nell’Oceano Pacifico occidentale, mentre altre due sono previste in arrivo. Come ha spiegato il South China Morning Post, sarà la prima volta che cinque degli 11 contingenti di portaerei Usa opereranno nella regione.

La USS Abraham Lincoln, parte della flotta del Pacifico della Marina statunitense, è stata avvistata mentre lasciava il suo porto di origine a San Diego, in California, intenta a navigare verso il Pacifico occidentale il 5 febbraio, secondo il Fleet and Marine Tracker dell’US Naval Institute. Anche la USS George Washington dovrebbe essere schierata nella regione per sostituire la USS Ronald Reagan, che verrà trasferita da Yokosuka, in Giappone, presso il cantiere navale di Puget Sound a Washington, dove riceverà un’accurata manutenzione.

Ricordiamo che la citata USS George Washington è stata la prima portaerei a propulsione nucleare ad essere schierata in Giappone, dove ha prestato servizio dal 2008 al 2015 prima di essere sostituita dalla Ronald Reagan per il rifornimento di carburante dei suoi due reattori, nonché per riparazioni, aggiornamenti e modernizzazione.

In ogni caso, nei giorni scorsi la USS Carl Vinson e la USS Theodore Roosevelt erano di stanza rispettivamente a Guam e alle Hawaii, e si prevede che rimarranno nel Pacifico occidentale fino ad aprile e luglio.

Il mese scorso, inoltre, i gruppi d’attacco Theodore Roosevelt e Carl Vinson hanno preso parte a un evento Multi-Large Deck con il Giappone nel Mar delle Filippine, in una manovra che comprendeva operazioni di comunicazione marittima potenziate, di guerra aerea e di volo. Secondo la 7a flotta della Marina americana, l’esercitazione aveva lo scopo di “rafforzare le operazioni marittime integrate in mare e la prontezza al combattimento“.

Il doppio messaggio di Washington

Andando a ritroso nel tempo, a gennaio la USS Carl Vinson ha condotto esercitazioni navali con la Corea del Sud e il Giappone nel Mar Cinese Orientale, in seguito al lancio di un missile balistico a raggio intermedio da parte della Corea del Nord. In quel caso le esercitazioni trilaterali consistevano in una sessione di navigazione congiunta, operazioni avanzate di comunicazione marittima, addestramento alle operazioni di interdizione marittima, esercitazioni di combattimento aereo, scambi di personale e integrazione.

Le portaerei sono una delle risorse più visibili nelle nostre forze armate. L’implementazione di più vettori in una regione invia un segnale molto chiaro agli avversari“, ha affermato Brian Hart, membro del China Power Project presso il think tank Center for Strategic and International Studies. “Data la guerra in Ucraina, il conflitto in Medio Oriente e gli attacchi Houthi nel Mar Rosso, l’esercito americano vuole segnalare che può gestire queste situazioni rimanendo concentrato sul teatro prioritario, che è l’Indo-Pacifico“, ha spiegato l’analista.

Ma il messaggio degli Usa, come detto, ha due destinatari. Se, da un lato, l’amministrazione Biden intende avvertire Pechino del fatto di non voler retrocedere nell’Indo-Pacifico – neppure con altre crisi sparse nel mondo – dall’altro Washington intende sfruttare le sue portaerei come strumento di deterrenza per rassicurare Giappone, Corea del Sud e, più in generale, tutti gli altri alleati locali. Certo è che contenere la Cina all’interno della regione rimane la priorità assoluta degli Usa, anche se di pari passo per l’amministrazione Biden è fondamentale rafforzare i legami bilaterali con i partner dell’intera Asia.

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