L’ex prefetto di Pescara, assolto in primo grado per la tragedia di Rigopiano, Francesco Provolo è stato condannato a 1 anno e 8 mesi di reclusione per falso e omissione di atti d’ufficio. Rispetto al primo grado, in appello ci sono state 22 assoluzioni: tra essi l’ex presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco. Condannati inoltre il tecnico comunale Enrico Colangeli – rilasciò i permessi per la ristrutturazione – e il dirigente della Prefettura di Pescara Leonardo Bianco: anche loro erano stati assolti in primo grado.
La sentenza quindi è stata parzialmente riformata. Confermate invece le condanne dei primo grado per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, i 2 funzionari della provincia Mauro Di Blasio e Paolo D’Incecco, il gestore dell’albergo Bruno Di Tommaso (ma il reato si considera estinto perché l’imputato è deceduto), il consulente Giuseppe Gatto.
Alessandro Di Michelangelo, fratello di una delle vittime di Rigopiano, Dino, ha così commentato a caldo: “Una sentenza che ripaga, seppur in parte, la delusione di quella di primo grado. Certo, non ci sono vincitori né vinti, ma si intravede la luce della verità”. Reazioni anche per l’avvocato di diverse parti civili Romolo Reboa: “Continuo ad affermare che se ci sono stati anche in appello 22 proscioglimenti, l’impianto accusatorio non era stato così solido. Tuttavia, abbiamo la soddisfazione che la parte della sentenza relativa alla responsabilità per non aver tenuto aperta la strada, è stata confermata”. Il famigliare di un’altra vittima, Alessio Feniello, papà di Stefano, ha annunciato il ricorso in Cassazione: “Con tre nuove condanne, misere, ci hanno dato un contentino. Se rubi una gallina in questo paese ti fai 10 anni di carcere, se ammazzi 30 persone resti libero. Che messaggio passa? Che puoi uccidere e passarla liscia?“.
La tragedia di Rigopiano
Prima della vicenda giudiziaria ci fu fatto che sconvolse l’Abruzzo. Il 18 gennaio 2017 alle 16.49, in un periodo di grande freddo per tutta Italia e in particolare per la regione, una slavina, accompagnata da alcune scosse di terremoto, travolse l’hotel Rigopiano-Gran Sasso Resort di Farindola, provocando un bilancio catastrofico in termine di vittime: ben 29 persone persero la vita, secondo il punto dell’albergo in cui si trovavano al momento dell’impatto con la slavina, che spostò tra l’altro la struttura di 10 metri più a valle. C’erano 28 ospiti, tra cui 4 bimbi, e 12 membri del personale. Gli ospiti erano tutti in procinto di lasciare l’hotel alle 15, ma giunse loro notizia che prima delle 19 non sarebbero arrivate le turbine spazzaneve.
Nella tragedia ebbero un ruolo anche i ritardi nei soccorsi: strade impraticabili e interruzioni dell’energia elettrica furono lo scenario di diverse problematiche nella zona. Inoltre la prefettura di Pescara non mise subito in moto la macchina dei soccorsi: alla prima telefonata di richiesta d’aiuto – effettuata alle 17.40 da Quintino Marcella, datore di lavoro di Giampiero Parete che si trovava in quel momento all’esterno dell’hotel – le informazioni sarebbero state confuse con altre contrastanti. Anche Fabio Salzetta, che si trovava nel locale caldaia, effettuò delle chiamate d’aiuto.
Solo a sera i soccorritori riuscirono a raggiungere la struttura e la mattina dopo ci fu il recupero del primo corpo. Le difficoltà protrassero i soccorsi fino al 26 gennaio successivo: solo 11 persone sopravvissero, tra cui le due che avevano allertato le autorità. In particolare, chi si trovava in cucina e nella hall, non ha avuto scampo. Tutti morirono per i traumi riportati, per il freddo e per l’asfissia.
Le indagini e il primo grado
La procura di Pescara aprì le indagini per individuare le responsabilità, per valutare se l’albergo si trovasse in una zona a rischio o i lavori di ristrutturazione del 2007 – per i quali c’era stata un’assoluzione per tutti gli imputati accusati di occupazione abusiva di suolo pubblico – avessero avuto un peso.
Il processo di primo grado si è concluso a febbraio del 2023 con l’assoluzione di 25 dei 30 rinviati a giudizio (29 persone fisiche e 1 società). Alcuni degli imputati, accusati per disastro colposo, omicidio colposo plurimo e altri reati minori, erano membri di istituzioni, come Regione Abruzzo, Provincia di Pescara e Comune di Farindola, oltre che Prefettura. La slavina fu ritenuta “imprevedibile”.
Furono condannati in primo grado il dirigente e il responsabile del servizio di viabilità della Provincia di Pescara, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio (3 anni e 4 mesi di reclusione ciascuno), l’allora sindaco di Farindola Ilario Lacchetta (2 anni e 8 mesi), il gestore dell’albergo e amministratore e legale responsabile della società Gran Sasso Resort & Spa Bruno Di Tommaso e il redattore della relazione tecnica allegata alla richiesta dell’albergo per lavori su tettoie e verande Giuseppe Gatto (6 mesi ciascuno).