Come siamo arrivati a tirare dentro Aldo Moro nel festival di Sanremo 2024? Non una commemorazione rispettosa, sia chiaro, ma il suo rapimento e la sua morte come strumento di ironia da parte dei telespettatori più giovani. Un vero e proprio oltraggio alla memoria di uno dei più rispettabili giuristi italiani, nonché fondatore della Democrazia cristiana. Uno dei fatti di cronaca più gravi del nostro Paese, un atto sovversivo da parte delle Brigate Rosse, sul quale oggi i giovanissimi riescono persino a ridere.
I cantanti in gara Diodato, Ghali e Dargen D’Amico vengono assunti dai giovani della Generazione Z come rapitori di Moro, ipoteticamente chiuso in uno scantinato, in una narrazione che loro vorrebbero essere ironica. Sanremo è finito da giorni, ma alcuni ragazzi, molti dei quali orgogliosi portatori della bandiera palestinese nel loro nickname, continuano a scherzare sul caso Moro. Si tratta di un fenomeno che andrebbe approfondito per capire in che direzione si sta muovendo la generazione di giovanissimi, che sta crescendo in un periodo storicamente troppo distante da quei fatti per capirne portata e gravità. Leggere che certi giovani che ancora studiano alle scuole superiori trovino divertente ironizzare sul rapimento e la morte di Moro per mano dei terroristi dev’essere motivo di riflessione.
E non è nemmeno il primo caso. Se si va su Instagram e si controllano i follower dei giovanissimi che oggi si stracciano le vesti per la Palestina, che sono gli stessi che hanno inventato la storiella del “rapimento Moro” a Sanremo, si nota che molti seguono il profilo di una band. Si chiama P38, un nome che è già un programma e fa riferimento alle pistole utilizzate dai terroristi durante gli Anni di piombo, le Walther P38. Canta della Renault 5 in cui venne fatto trovare il cadavere del politico, pubblicano canzoni intitolate “Nuove Br” e suonano incappucciati nei club italiani per non essere riconoscibili. La figlia di Aldo Moro, Maria Fida, recentemente scomparsa, annunciò una querela contro la band e lo stesso ha fatto Bruno D’Alfonso, figlio di Giovanni, l’appuntato ucciso dalla Brigate Rosse nel 1975.
È evidente la distanza storica dagli eventi tragici che hanno segnato la storia di questo Paese ma, soprattutto, a colpire è la totale mancanza di cultura che parte dalla scuola, dove difficilmente si arrivano a studiare gli eventi successivi alla Seconda Guerra mondiale. Si sta sottovalutando la gravità delle conseguenze dell’appannamento della memoria storica nelle nuove generazioni, che ora considerano divertente persino scherzare sulle pagine più buie e tristi della storia italiana.