“Frode fiscale”. L’inchiesta su John Elkann e una storia giudiziaria lunga 20 anni

"Frode fiscale". L’inchiesta a John Elkann e una storia giudiziaria lunga vent’anni

Frode fiscale. Nasce da un esposto del maggio dello scorso anno di Margherita Agnelli l’inchiesta della procura di Torino che vede indagati il presidente di Stellantis John Elkann, il commercialista di fiducia della famiglia Agnelli nonché presidente della Juventus (estranea ai fatti) Gianluca Ferrero, e il notaio svizzero Urs von Grünigen. Un’inchiesta penale che – è bene ricordarlo – si inserisce in una storia giudiziaria ventennale, con la figlia dell’Avvocato, dopo la sua morte avvenuta ormai nel lontano 2003, che negli anni ha promosso diverse azioni legali e denunce contro i suoi figli (i primi tre avuti con il primo marito Alain Elkann) convinta dell’esistenza di conti esteri in paradisi fiscali sui cui transita ancora l’eredità di Gianni.

Il sequestro

Il perimetro dell’inchiesta – almeno stando al decreto di sequestro firmato dal procuratore aggiunto a capo del pool dei reati economici Marco Gianoglio – si configura su un fatto apparentemente di poco valore giudiziario. E cioè le dichiarazioni dei redditi per il 2018 e per il 2019 della vedova dell’Avvocato, Marella Agnelli Caracciolo, scomparsa nel 2019. Ma potrebbe allargarsi: come sempre in questi casi, gli investigatori sottolineano che l’indagine potrebbe allargarsi all’intera eredità di Marella scomparsa nel 2019. I sequestri di ieri sono avvenuti, oltre che nello studio di Ferrero, anche alla Fondazione Agnelli e in alcune fiduciarie. Altre acquisizioni sono avvenute nell’ufficio di un notaio vicino alla famiglia.

Le dichiarazioni dei redditi di Marella Agnelli

Il primo step dell’inchiesta dei pm torinesi, guidati dall’aggiunta Enrica Gabetta, riguarda quindi le dichiarazioni dei redditi di Marella Agnelli. Documenti da cui secondo l’accusa – che indaga appunto sulla base dell’esposto della figlia Margherita – sarebbero spariti circa 8 milioni di euro complessivi, calcolando i soldi che mensilmente la figlia dell’Avvocato versava a sua madre Marella. Somme cioè, che sarebbero state versate appunto in virtù di vari accordi tra i familiari sulla eredità che conta alcuni miliardi (Margherita, secondo alcune fonti, avrebbe ricevuto 1,3 miliardi di euro). Ora i magistrati – che ieri hanno acquisito centinaia di documenti durante le perquisizioni eseguite dal Nucleo Pef della Guardia di Finanza, guidato dal colonnello Alessandro Langella – vogliono capire se quelle dichiarazioni sono fasulle, come sostiene Margherita, e soprattutto se a quelle dichiarazioni siano poi seguiti i dovuti versamenti dell’Iva.

Il notaio svizzero e le firme false

Il notaio Urs von Grünigen, cioè l’esecutore testamentario è stato accusato sempre da Margherita, che ha presentato una querela civile al tribunale di Torino, di falso in atto pubblico. La secondogenita dell’Avvocato ha esposto dubbi sulla veridicità delle firme sul testamento della madre, sulla base di una consulenza grafologica secondo la quale la prima firma del testamento sarebbe sì “autografa, ma con margini d’incertezza”. La seconda è giudicata “apocrifa, con grado di probabilità”. La terza (una sigla con le iniziali M.C.A) sarebbe “apocrifa, con elevata probabilità”».

La difesa degli Elkann

Nel corso della causa civile già in corso a Torino, i nipoti dell’Avvocato nonché figli di Margherita (difesa dall’avvocato Dario Trevisan) e Alain Elkann, cioè John, Lapo e Ginevra, hanno ribadito che Marella Agnelli ha avuto per decenni la sua residenza abituale in Svizzera. Ed è sicuramente da qui che partirà la difesa degli Elkann, difesi dagli avvocati Claudio Re ed Eugenio Barcellona. Per il momento, fanno sapere fonti autorevoli dell’inchiesta, non sono previste rogatorie internazionali (cioè richieste formali di atti da parte dell’autorità giudiziaria italiana a quella estera) in Svizzera. E neanche John Elkann e gli altri indagati saranno interrogati a breve. Oggi invece sono iniziate le prime audizioni dei testimoni.

L’inchiesta milanese sulle opere d’arte

Sull’eredità della famiglia Agnelli c’è anche un’inchiesta milanese, coordinata dal pm Cristian Barilli e dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco, con al centro una collezione di tredici opere d’arte di valore inestimabile – tra gli artisti Monet, Picasso, Balla, De Chirico, Balthus e altri – di cui Margherita ha denunciato a più riprese la scomparsa. Opere al centro di una lunga contesa con i figli che arredavano Villa Frescot, la residenza sui colli torinesi dove ha vissuto l’Avvocato, Villar Perosa, la più amata degli Agnelli, costruita dall’architetto Filippo Juvarra, oltre a una residenza romana. Solo pochi mesi fa la gip di Milano Lidia Castellucci, che pure ha archiviato un gallerista svizzero e un suo collaboratore, ha ordinato nuove indagini alla procura di Milano (sempre a seguito dell’opposizione all’archiviazione di Margherita) che quindi ha aperto un nuovo fascicolo a modello 44, con l’ipotesi di ricettazione, ancora a carico di ignoti. Di recente la Gdf milanese ha compiuto alcune attività su delega dei pm, come peraltro indicato dalla stessa gip. E cioè, in primis, riascoltare le due governanti della moglie di Gianni Agnelli, Marella Agnelli Caracciolo, nonché consultare le banche dati del Sistema Uffici Esportazione del Ministero della Cultura per verificare i movimenti delle nuove opere.

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