“Più poteri al premier col nuovo testo”

"Più poteri al premier col nuovo testo"

Sveglia alle quattro del mattino, il solito tragitto da Fiume Veneto a Mestre per salire alle 6,30 sul treno diretto a Roma. «Io arrivo dal profondo Nord» scherza Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il Parlamento. La sua giornata è stata assorbita in buona parte dal vertice di maggioranza per definire gli emendamenti del decreto Milleproroghe. Ci parla dal suo ufficio al Senato.

Ministro Ciriani, la riforma del premierato appare ostica e complicata anche per gli addetti ai lavori. Non c’è il rischio che una misura così importante si riveli lontana dalle priorità dei cittadini?

«Si può spiegare in maniera semplice. Stiamo discutendo di come dare più potere al voto dei cittadini cui fare scegliere direttamente il presidente del Consiglio oltre a sindaci e governatori. E soprattutto evitare governi extra politici non scelti dai cittadini ma dentro il Palazzo».

Sulla riforma lei è allineato con la premier Giorgia Meloni. Alla fine state lavorando per un governo più stabile o per creare un super presidente del Consiglio?

«Entrambe le cose, ovvero un premier eletto direttamente e un governo più stabile. La riforma non serve al centrodestra ma a un Paese dove un governo dura in media un anno e due mesi. L’instabilità crea scarsa credibilità a livello internazionale. E genera una cattiva politica, tesa solo a evitare agguati per sopravvivere, e una cattiva spesa legata a una perenne campagna elettorale. Basta con il governare male e lo spendere peggio».

L’ex presidente del Senato Pera, eletto in quota Fdi, parla di un pasticcio senza senso. Lo ascolterete?

«Abbiano ascoltato il senatore Pera. Gli emendamenti sono migliorativi rispetto al testo del Consiglio dei ministri. Siamo andati nella direzione indicata dal professore con una più precisa determinazione dei poteri del premier, in modo che il governo possa durare cinque anni. Nella prima bozza questo concetto, in effetti, appariva più sfumato. Direi che ora siamo tutti soddisfatti, soprattutto dopo il confronto con la Lega che una volta si sarebbe definito franco e leale (sorride)».

Avete ricevuto segnali dal Quirinale? Per diversi parlamentari, anche di maggioranza, c’è il timore che la riforma vada a interferire con le prerogative del presidente della Repubblica, soprattutto sulla parte relativa allo scioglimento delle Camere.

«La riforma che abbiamo riscritto è un compromesso rispetto alla storia della destra che voleva l’elezione diretta del presidente. Il premierato è una via di mezzo per salvaguardare i poteri del Quirinale, che avrà un ruolo fondamentale anche con questa riforma. Abbiamo ascoltato e tenuto conto anche dei rilievi delle opposizioni e di chi chiedeva, pure in maggioranza, di preservare le prerogative del Colle».

Avete calcolato l’eventualità che la legislatura possa durare pochissimo per difficoltà politiche, al di là di dimissioni o impedimenti del premier?

«Tutti le leggi e i sistemi di governo sono scritti dagli uomini e quindi sono perfettibili. Per questa riforma ci siamo ispirati al principio della stabilità, ponendo fine alla stagione dei governi tecnici, balneari e dei ribaltoni parlamentari».

Come si pone il governo dinanzi alla protesta dei trattori? Un fuori programma da gestire o l’occasione per riformare l’agricoltura, un settore sinistrato da direttive europee cervellotiche.

«Io arrivo da una provincia agricola. E credo che nessun governo abbia mai fatto tanto per gli agricoltori: 8 miliardi nel Pnrr, tutela della sovranità alimentare e del Made in Italy. Non si può fare pagare alle piccole imprese agricole una transizione green troppo ideologica. All’agricoltore non deve essere impedito di fare il proprio lavoro».

Considerate risolto il caso Sgarbi o potrebbero esserci code velenose in grado di creare turbolenze?

«Mi risulta che abbia dato le dimissioni e che siano state accolte dal presidente Meloni. Per noi il caso è chiuso».

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