– Abbiate pietà per questa rubrica, che nei giorni di Sanremo si sdoppia e che deve occuparsi del poco che resta sui giornali in una settimana dominata dal Festival.
– Hamas e Israele aprono reciprocamente al rilascio degli ostaggi e al cessate il fuoco? Balle. Ieri i giornali si erano infiammati all’idea, ma era scontato che sarebbe finita come è finita. Ovvero con Netanyahu che chiude ad ogni accordo e va avanti verso la distruzione di Hamas. Giusto, sbagliato? Sarà la storia a dirlo. Ma nessuno chiese agli Usa di “fermarsi” quando rispose agli attacchi alle Torri Gemelle.
– La pubblicità delle pesca di Esselunga era bella e profonda. Quella della carota anche no.
– Ci mancava solo l’ex pornostar che ci fa la predica sul sesso, lei che ha deciso “di rinunciare a fare l’amore per scelta personale e politica”. Dice: “Grazie al #MeToo e alla decostruzione della sessualità che ne è conseguita, oggi non ci si vergogna più di dire che non si fa più sesso”. Pare che grazie alla “cultura del consenso” e alla fine dell’uomo “conquistatore”, i ragazzi siano sempre meno attivi nella vita sessuale. La spaccia come una grande conquista e non si capisce perché: il sesso è desiderio, passione, dono, condivisione. Non c’è nulla di cui andare “fieri” ad essere “asessuali”.
– Poi uno capisce il vero motivo di questa intervista a Ovidie, dome d’arte di Eloïse Delsart: cavalcare l’onda politicamente corretta del fluidismo sessuale. È semplice moda. Un artificio per far parlare di sé. Afferma: “Non sono uscita totalmente dalla sessualità ma dal regime eterosessuale sì” (cosa?). E lo ha fatto quando ha capito che si metteva i tacchi “per rendermi bella e desiderabile agli occhi di un uomo”. Ora, non metto in dubbio le motivazioni di Ovidie, ma sono solo sue. E infatti di asessuati in giro se ne vedono ben pochi. Ci sarà un motivo, no?
– Morire a 35 anni. Che senso ha? Nessuno, inutile girarci intorno. Ciao Carlotta.
– La storia delle benedizioni gay sta distruggendo il Vaticano, ma dall’interno. Anzi: dalla testa. Perché il Papa, che ha avallato quella incomprensibile Fiducia Supplicans, per la prima volta ha ricevuto critiche non solo dai soliti “tradizionalisti”, già messi in un angolo, ma anche da intere conferenze episcopali, in particolare quelle africane, tutt’altro che a lui avverse. Oggi durante un’intervista al settimanale Credere, Bergoglio è tornato sull’argomento e ha detto che “nessuno si scandalizza se do la benedizione a un imprenditore che magari sfrutta la gente” ma si scandalizza “se la do a un omosessuale”. Senza voler apparire presuntuosi, ci permettiamo di dissentire. Perché l’innovazione della Fiducia Suopplicans non sta nel fatto di benedire “un omosessuale” (cosa che è sempre esistita nella Chiesa), ma che si offre benedizione alla coppia che la viene a chiedere, benché l’unione omosessuale – per ammissione stessa dello stesso Sant’Ufficio – resti “un peccato grave”. Dunque il parallelo con l’imprenditore non regge: perché nessun vescovo si sognerebbe di benedire un malandrino nell’atto stesso di compiere l’attività di sfruttamento. Spiace dirlo, ma sull’argomento Bergoglio&con si arrampicano sugli specchi.
– La prossima volta che accuseranno di familismo o amichettismo Giorgia Meloni, quando la accuseranno di aver piazzato i suoi uomini ovunque, di aver occupato la Rai e tutti i gangli del potere, sappiate che il M5S ha appena candidato alle europee Pasquale Tridico, l’ex capo dell’Inps, il papà del reddito di cittadinanza. E dove lo piazzano? Nel collegio siciliano, la terra dove di assegni ne sono arrivati a gogo. Ma guai a parlare di voto di scambio, per carità…
– È iniziata l’offensiva interna contro Elly Schlein. Al mitragliatore si mette Lorenzo Guerini, già irritato dalla strategia dem sull’Ucraina e costretto a votare in dissenso sulle armi a Kiev. In un’intervista al Corriere, Guerini piazza dei paletti chiari: Elly non deve candidarsi, il Pd deve stare dalla parte di Zelensky e deve cercare di fare delle proposte credibili, non apparire un’opposizione demagogica. Insomma: tutto l’opposto di Schlein, che invece su Kiev è ambigua, sarà in lizza alle Europee e fa a gara con Conte a chi la spara più grossa. Tradotto in soldoni: cara Elly, sappi che ti metteremo i bastoni tra le ruote. Uom* avvisat* mezz* salvat*.
– Mi devo scusare con i lettori perché una notizia così importante avrei dovuto darla nei giorni scorsi. A Pordenone alcuni ragazzi sono andati al carnevale di Aviano vestiti da Fleximan, il supereroe che per giorni ha seminato il panico tra gli Autovelox di tutto il Nord Est. Nulla di strano: a Carnevale ogni scherzo vale. Ma la notizia clamorosa, per non dire preoccupante, è che i carabinieri presenti alla sfilata hanno fermato questi burloni e li hanno identificati, annotando le loro generalità. Siamo seri? Con quale pretesto? Da oggi scopriamo che in Italia è vietato scherzare, pena la foto segnaletica. Non è un bel segnale.
– La lobby nera non era una lobby e a dire il vero non era manco nera. Risultato della grande inchiesta di Fanpage spalleggiata da Corrado Formigli? Niente di niente. Archiviato. Ma infanto il danno d’immagine è fatto.
– La scelta di un manager che ne curasse l’immagine ha finalmente portato i suoi frutti. Gino Cecchettin scriverà un libro dal titolo “Cara Giulia”. Lecito, sia chiaro. E chi se l’è accaparrato ha fatto un affare. Speriamo solo di non ritrovarcelo in politica.
– Su questa rubrica abbiamo sempre detto e scritto che dei giudizi dei giornali esteri bisogna beatamente fregarsene. Secondo voi a Macron interessa se un editorialista del Corriere della Sera lo promuove o lo boccia? No. Ecco. Quindi ben venga se il New York Times riconosce le capacità di Meloni e la definisce una leader di cui l’Ue avrà bisogno in futuro. Ma anche chi se ne frega.
– Speravo che Elly Schlein rinunciasse al sit-in davanti a Viale Mazzini durante il Festival di Sanremo. Invece no. Ci sarà per dire basta a “un servizio pubblico svilito a essere portavoce della propaganda governativa”. Fa tenerezza, Elly. Se Telemeloni esistesse davvero, infatti, ieri Amadeus e Mengoni non avrebbero intonato Bella Ciao in conferenza stampa e Dargen D’Amico non avrebbe sparato la sua propaganda pacifista in diretta tv. Ma soprattutto anno scorso, quando il governo era già in carica, non avremmo avuto quel gran carrozzone arcobaleno che è stato.
– Magico momento al sit-in di Elly. Poco dopo l’inizio, un giornalista (Francesco Amedeo) accompagnato da Marco Rizzo al megafono ha urlato: “Se oggi è Telemeloni, ieri era TelePd”. Non fa una piega.
– Se Sanremo non deve diventare la baraonda della politica e delle ideologie più o meno woke, allora non deve ospitare neppure i trattori. Le proteste degli agricoltori sono sacrosante e hanno tutto il diritto di piazzarsi di fronte all’Ariston. Ma salire sul palco anche no, checché ne dica Amadeus. Perché possiamo pure essere d’accordo con loro, ma resta un atto politico e per la riuscita dello show è meglio se la politica ne resta fuori. Ci sono già bastate le prediche femministe, antirazziste e arcobaleno di Egonu, Ferragni e Drusilla Foer. Altrimenti ha ragione Landini a dire di voler portare all’Ariston pure il suo camper della Cgil contro l’autonomia differenziata. E vi prego: il camper della Cgil, no.