– Mengoni in conferenza stampa alle 12.30. E io già dormo all’idea di dover andare avanti fino alle 2 di notte.
– Sappiate che la finale di sabato andrà in onda gratis sulla tv pubblica ucraina. E anche quest’anno il briciolo di buonismo è assicurato.
– Pronti via, Mengoni annuncia: “Ascolteremo le canzoni che ci cambieranno la vita”. Anche no, grazie.
– Primo cantante in gara, Clara (senza k, ed è un miracolo). Bella lei, il vestito un po’ meno: pare un sacco della spazzatura di quelli di plastica che inquina bene e se lo vede Frans Timmermans sviene. La canzone pare già sentita ai concerti di Elodie, ma è orecchiabile.
– Torna Sangiovanni: con o senza autotune? Di sicuro con il carretto dei gelati visto l’abito total white. Canzone triste ma non profonda. Lo abbiamo visto talmente tante volte che ormai ha quasi stufato, bruciato prima ancora di diventare un big.
– Fiorella Mannoia: voce di un altro livello, brano che balleremo e canteremo.
– La finta sorpresa di Amadeus per lo “scherzo” dell’orchestra non è credibile manco per un bambino di 3 anni. Capacità di recitazione pari a quella di Ibra. Cioè zero.
– La Sad: uno coi capelli blu, l’altro verdi e il terzo con una cresta a punte rosa. Non sono un critico musicale, ma conosco un ottimo barbiere. Se venite a Cernusco sul Naviglio offro io, ma lasciate a casa quella finta cassa toracica in argento che non si può vedere. Il voto alla canzone lo daremo in un’altra serata: quelle capigliature distraggono a tal punto da rovinare ogni cosa.
– Non è il mio tipo, intendo proprio il genere sessuale, ma Mengoni è un bel figliolo. E canta bene. Voto: 8.
– Capisco la pubblicità e di certo Poltronesofà avra versato una bella cifra. Ma non potremmo investire qualche migliaio di euro per fare pensare uno sketch migliore?
– Irama: sembra di essere tornati indietro nel tempo ad “Ovunque Sarai” presentata all’Ariston nel 2022. Solo che quella era molto meglio e lui pare pure invecchiato. Peccato.
– Ghali: “Non mi sento tanto bene”. Neppure noi, dopo la performance di una canzone orecchiabile ma senza infamia né lode. L’abito sembra quello della fatina di Cenerentola.
– La pubblicità della Rai per la stagione dello sport televisivo sceglie Jorginho per esaltare la “precisione”. Proprio lui che con i suoi errori dal dischetto ci ha condannato a non andare al mondiale. Non proprio azzeccata.
– Negramaro: nel suo stile, ampiezza della voce che altri si sognano e almeno sono tutti vestiti quasi normale. Ma non so se è un brano che può pensare di vincere e neppure eguaglia i successi del passato. Vorrei ma non posso.
– Fiorello con il mantello che prende in giro Ferragni e Amadeus (“sentiti libero… È l’ultimo”) fa sorridere. Resta il fatto che Sanremo sarebbe molto meglio se convincessero Ciuri a farsi tutta la kermesse.
– Sarà sessista, ma ogni anno lo scrivo: ridateci Belen e la sua farfallina.
– Annalisa: un voto un più per motivi estetici, e se volete datemi pure del maschilista becero. Chi se ne frega. Lei nella tecnica appare impeccabile, il brano entrerà in testa anche se non è un capolavoro. Lotta per la vittoria. Voto: 7+1=8
– Vedo la foto del figlio di Amadeus cinque anni fa e adesso: caro Ama, è arrivato il momento di lasciare o al prossimo giro ce lo troviamo già sposato.
– La lettera della mamma di Giovanbattista Cutolo al figlio ucciso per una futile lite è toccante perché semplice. Perché vera. Perché parte da una tragedia reale. Un insegnamento a chi, nelle passate edizioni, pur godendo di ogni ricchezza, ha forzato una letterina a se stessa parlando di insignificanti difficoltà (“È un pensiero fisso nella mia testa: non sentirmi abbastanza”) che al confronto con una morte così insensata appaiono ancora più bambinesche.
– “Mamma tua non ti dimenticherà mai”. Lacrime.
– Ma se Mengoni è un cantante, perché dovete fargli fare il pagliaccio? C’è Fiorello, per quello. Ed è molto più bravo.
– Lo sketch del bacio-non-bacio di Mengoni è stato orripilante. Ma mia moglie sostiene che se Marco vuole, lei è disponibile ad una limonata. Senza paletta.
– Mahmood: solo per fatto di aver tirato fuori la lingua guardando in telecamera merita un solo voto: 0.
– Diodato: è il cantante più sfigato della storia, vincitore a Sanremo nell’anno del Covid. Baffo da rivedere, anzi da eliminare. Canzone da riascoltare, di quelle che forse vengono fuori alla lunga come i diesel. Ma non è al livello di “Fai Rumore”.
– Loredana Bertè: un po’ strillata, forse, ma lei resta un’icona.
– Geolier: bello il testo, se fosse intelligibile agli italiani non napoletani. Sono sinceramente dispiaciuto per i posteri a cui le attuali generazioni di cantanti lasceranno solo canzoni tutte uguali in cui non si capisce un piffero a parte un paio di parole qua e là. Sarà pure re dello streaming, ma questo non garantisce qualità. Lo consideriamo tra gli ospiti internazionali?
– Alessandra Amoroso: un pregio lo ha, ed è quello di saper interpretare una canzone. Intonata. Espressiva. E si capiscono pure le parole. Peccato che abbia rovinato tutto con quel pianterello in conferenza stampa sull’odio social.
– The Kolors: non si avvicina neppure lontanamente ad Italodisco, ma piacerà a bambini, ragazzi e mamme. Canzone perfetta per Festivalbar. Qui all’Ariston sembra un po’ fuori stagione. Ma andrà forte.
– Amadeus ci ha fregato. Fare un festival senza pipponi inutili, polemiche preconfezionate, follie gender, perbenismi eccessivi, scenette inutili e baci omo era possibile. Domanda: perché non ci ha pensato nelle quattro edizioni precedenti?
– La Brignone che si dimentica di salutare Sofia Goggia (brava, se non vi amate perché fingere al Festival?) e si scorda di promuovere le Olimpiadi Milano-Cortina è forse il momento migliore dello show.
– Angelina Mango: canzone e abbigliamento gitano. Non sarà Mannoia e neppure Annalisa, ma la voce sa come gestirla. È da podio, senza dubbio. E come tiene il palco lei, nessun altro.
– A fine festival i cantanti in gara -a parte un paio- possono andare a lezione da Mengoni? Madley semplicemente impeccabile: tenuta del palco, voce, interpretazione. Fine.
– Il Volo: venire dopo Mengoni li penalizza, la loro fama li precede (e forse senza grosso motivi). Più pop che lirico, non al livello di un Lazza qualunque ma nemmeno indimenticabile.
– Big Mama: ricorda un personaggio Disney, ma mi autocensuro o rischio ogni sorta di accusa di sessismo e non vorrei essere sgozzato da quelle unghie nere lunghe 45 centimetri. Voto: silenzio stampa.
– Ricchi e poveri: ma perché si sono impacchettati in un enorme fiocco rosso? Cioè: chi è l’autore che ha pensato una roba del genere? Per il resto dimostrano di conoscere la materia e il brano si fa ascoltare, quasi piacevole. Ritmo e ritornello. Scala la classifica.
– Ma Costa Crociere può essere accusata di body shaming per aver scritto “Bentornato Nasone” sulla fiancata della nave? Iniziative su iniziative per biasimare chiunque faccia battute o offenda il prossimo facendo riferimento a difetti fisici e poi ci giocano sopra. Mi spiegate perché sul naso di Amadeus sì e sulla taglia di Big Mama no? Lo trovo un tantino ipocrita.
– Emma: giudizio sospeso.
– Renga e Nek: un punto in più per le due cravatte e l’assenza di abiti stravaganti. Sia lodato il cielo.
– Mr Rain si trova di fronte ad una sfida complicata: fare ricredere i detrattori che anno scorso davano tutto il merito al coro di bambini. La canzone non è un capolavoro, la cifra stilistica è simile a Supereroi, ma piace. È delicata. A forza di riascoltarla, come la precedente, conquisterà una fetta di ascoltatori. E tutto sommato Mr Rain non stona su un palco dove di stecche se ne tirano a secchi.
– Bunker44: sono un “collettivo di rapper” e non ce ne è uno vestito a modo. Vedo una tovaglia da osteria, un soldato crociato, una magliettina anni ’60. La canzonetta è simpatica, perfetta per le radio e per le feste dei liceali. Magari avrebbe pure un testo profondissimo, ma non ho capito una sola parola. Peccato.
– Gazelle: ha vinto tutto per la camicia sotto la felpa. Dieci punti e via.
– Dargen D’Amico: simpatico come un gatto attaccato ai maroni, o come quegli orsetti che per un motivo incomprensibile si è appeso alle spalle e ai piedi. Poi ci spiegheranno perché sono sempre alla ricerca di stravaganze. Il pezzo è godibile e ballabile, anche se melodia e testo (sui migranti) non fanno scopa. E il miracolo di ripetere la hit non gli riesce.
– Dargen ricorda i bambini di Gaza che nel Mediterraneo stanno “sotto le bombe, senza acqua e senza cibo”. “Il nostro silenzio è corresponsabilità. La storia, Dio non accettano la scena muta. Cessate il fuoco”. Condivisibile e infatti l’Ariston applaude. Ma magari due paroline su Hamas e il massacro del 7 ottobre sarebbe stato carino inserirle. Invece nulla. Ed è il suo più grande errore.
– Vi chiedo scusa: gli ultimi cantanti in gara potrebbero pure essere le novità assolute del panorama musicale, ma alle 1.47 seguirli è una tortura. Ne parleremo nelle prossime serate.